A Viglio, in un prato che fino a qualche anno fa era ancora pascolato, sono comparse diverse modine. A Sorengo, quattro antenne attorno a un’ex casa abitativa sfruttano l’area edificabile fino all’ultimo ciuffo d’erba; poco distante, altre modine demarcano il sedime fino all’ultima zolla. Sempre a Sorengo, dove un tempo sorgeva una collina terrazzata sulla cui sommità fioriva un bellissimo ciliegio, oggi l’ecomostro del Franklin College offende l’occhio e lo spirito. La terra non si è rimarginata da sé ma in virtù di un’iniezione di cemento liquido, il tessuto è stato malamente ricucito tramite robuste grappe di acciaio. A Breganzona, un enorme terreno verrà presto sacrificato in nome della Speculazione Edilizia: i filari di vite verranno strappati, gli alberi da frutta divelti, i terrazzamenti sbancati per far posto al cemento. L’armonioso paesaggio culturale messo in opera dai nostri antenati sparirà nel giro di pochi giorni, divorato dalle ruspe. Mi hanno detto che la parcella è stata venduta per svariate decine di milioni di franchi a una nota compagnia di assicurazioni sulla vita. A mio modo di vedere, la migliore assicurazione sulla vita sarebbe mantenere il ronco e farne un’area di svago naturale. Fin dove arriverà la furia geoclasta dell’uomo? E poi, improvvisamente tutto è diventato ecosostenibile: dai contenitori per il cibo da asporto agli abbonamenti di una nota compagnia telefonica svizzera. Si continua a parlare di sostenibilità, di cura del territorio, di necessità imperativa di preservare le aree verdi. Se ne parla, appunto. A me pare un’operazione di marketing; una semplice scelta narrativa; in ogni caso un collasso in fatto di credibilità. Dicono che mancano 7 anni al collasso dell’ecosistema terrestre. Che sia un concetto abusato anche questo?