Due anni che la nostra quotidianità è accompagnata da paure, restrizioni e infinite incertezze. Spesso mi chiedo se il danno peggiore sia stato causato dal virus o dalla gestione della stessa pandemia. Se la fascia a rischio è quella più colpita dal virus, i giovani sono invece maggiormente penalizzati dalle tante restrizioni. Nessun obbligo vaccinale, bensì molte persone sono state indirettamente obbligate a farlo contro la propria volontà. I giovani, che fanno parte della popolazione più attiva nella società, se non vaccinati si sono trovati a essere progressivamente esclusi dalla vita sociale, ad avere disagi per continuare a seguire gli studi e spesso per lavorare, a causa del certificato Covid. Essi sono peraltro i meno colpiti dal virus e al contempo apparentemente i più colpiti dagli effetti avversi a breve termine del vaccino. Nonostante ciò, sono penalizzati in egual modo alla fascia a rischio, senza una proporzionalità basata sui dati. Discriminazione è anche trattare allo stesso modo due situazioni totalmente diverse, come pure penalizzare chi ha scelto cosa fare del proprio corpo in un contesto con zero certezze. Omicron ha portato evidenze che la contagiosità non cambia tra vaccinati e non, ricoveri e decessi rimangono molto bassi, eppure il Certificato rimane in vigore anche quando non ha più senso. Tante affermazioni e confutazioni, un sovraccarico di informazione e disinformazione, una comunicazione basata sulla paura e false promesse. Un periodo pieno di incertezze, in cui però è stato dato molto poco spazio al dibattito, alla messa in discussione, alla libertà di scelta. Si parla di sanità pubblica, come fosse solo legata al virus, dimenticando tutto il resto, dimenticando la salute mentale, perché questo pare un tunnel senza luce, senza fine.