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Africa, quali carte si gioca l’Europa

Negli ultimi anni la gestione dei flussi migratori dall’Africa all’Europa ha causato forti divisioni tra gli stati membri potenzialmente in grado di innescare un effetto domino che può portare alla messa in discussione dell’area Schengen e alla tenuta della stessa Unione, nonché all’assuefazione dell’opinione pubblica dei Paesi europei maggiormente esposti al fenomeno a considerare l’Africa unicamente come fonte di problemi, mettendo in secondo piano le potenzialità del continente. Detto che nel breve periodo è poco realistico immaginare una soluzione che ricomponga i contrasti intraeuropei e riduca le diseguaglianze politiche, economiche e demografiche tra i due continenti, nel lungo termine è invece ancora possibile coniugare soluzioni positive per entrambe le sponde del Mediterraneo. Molto passerà però dalla capacità dell’Unione Europea di ergersi a riferimento politico unitario nei confronti del continente africano, facendo leva sull’essere uno dei più importanti partner commerciali dell’Africa e il vicino più prossimo, nonché il maggiore investitore straniero e tra i principali finanziatori di programmi per la stabilità. Si tratta di intese di lungo periodo propedeutiche a futuri accordi di libero scambio che, attraverso la previsione di misure di assistenza, cooperazione e monitoraggio che tengono conto delle problematiche dei Paesi africani, cercano di superare i limiti dei vecchi accordi considerati da molti inefficaci nell’ottica della progressiva riduzione povertà e del contestuale sviluppo di una economia e di una classe media africana, nonché incapaci di tutelare i diritti umani, lo stato di diritto e la buona governance, risultando una delle concause della persistente arretratezza e dell’instabilità del continente africano. Instabilità che si è riversata sulla sponda Nord del Mediterraneo.

I partenariati economici con i Paesi africani fanno comunque parte di un disegno che va oltre l’aspetto commerciale. Essi hanno valenza politica poiché rappresentano uno strumento per assecondare il rafforzamento delle istituzioni democratiche degli stati africani, la stabilità e l’integrazione economica. Tuttavia, la carenza delle infrastrutture, dei trasporti e delle tecnologie, per tacere della turbolenza politica del continente, dei conflitti militari e della corruzione, rendono l’idea della portata dell’impresa. Sul punto, non aiuta il quadro geopolitico che, accanto all’intervento degli organismi internazionali, vede il massiccio attivismo politico, commerciale e militare di potenze come Stati Uniti e Cina, nonché di singoli Paesi europei dal passato colonialista con obiettivi non necessariamente rispondenti alle esigenze delle popolazioni africane. Peraltro, in aggiunta alle divergenze in materia di gestione delle frontiere esterne, tra le conseguenze dell’agire in ordine sparso si annovera l’inevitabile perdita di peso politico dell’Unione che, a ben vedere, marginalizza gli stessi Paesi membri sul palcoscenico internazionale.