Non sembri un’espressione enfatica; il destino, del mondo, infatti, sarà determinato da ciò che, nei prossimi decenni, accadrà nel continente africano subsahariano. Sono intanto le dinamiche demografiche a dircelo. Da oggi alla fine del secolo la popolazione africana passerà da 1 miliardo 200 milioni a 4 miliardi su una popolazione mondiale di 11 miliardi (il 40% del mondo!).
La Nigeria a fine secolo sarà il terzo Paese del pianeta per dimensioni demografiche dopo India e Cina. In questo stesso secolo il continente europeo – Russia compresa – passerà dagli attuali 730 milioni di abitanti a 670! Nel 2000 solo 3 città africane superavano il milione di abitanti; nel 2015 erano già 55; saranno più di 100 nel 2050. Un africano su due ha oggi meno di 18 anni. La dimensione media delle famiglie africane è di 4/5 componenti nelle città e 6/7 nelle aree rurali. Per altro verso in molti Paesi detengono il comando classi dirigenti autocratiche, corrotte, spesso fondate su conflitti tribali ed etnici. Talora perfino di golpe per rovesciare esiti elettorali non desiderati. Così come non può essere ignorata la crescita del numero di “stati falliti”. Uno scenario reso ancor più complesso negli ultimi anni dalla penetrazione dell’integralismo religioso e dal diffondersi dell’azione militare jihadista che – dalla Siria alla Libia, dallo Yemen al Mali, dal Corno d’Africa al Niger – ha fomentato crisi e conflitti. E anche grandi Paesi – come Egitto o Algeria – sono esposti a rischi di instabilità. Storicamente l’Europa si è rapportata al continente africano con due strategie: una strategia per il Nord Africa la cui prossimità mediterranea la sollecita a stabilire relazioni intense con i Paesi dell’altra sponda del mare nostrum. E una strategia diversa e distinta per l’Africa subsahariana, essenzialmente affidata alle politiche di cooperazione allo sviluppo. Quell’approccio non ha più ragione di essere. Sono a dircelo i barconi che sbarcano sulle coste europee migranti che transitano dalla Tunisia o dal Marocco, ma provenendo da Niger, Camerun, Costa d’Avorio, Benin, Centrafricana. Occorre essere coscienti che Europa, Mediterraneo e Africa sono sempre più legati da problemi comuni e da interessi comuni che richiedono soluzioni comuni. Un salto culturale non scontato che richiede a ciascuno di lasciarsi alle spalle stereotipi, pregiudizi e diffidenze. Agli europei la responsabilità di liberarsi da ogni forma di paternalismo, non guardando all’Africa solo come a un continente “da aiutare”. Agli africani – del Nord Africa come della parte subsahariana – di non guardare all’Europa con la recriminazione della dominazione coloniale. Il presente è cosi carico di incognite che non ci consente ripiegamenti o nostalgie. È costruire un futuro di sviluppo, diritti e benessere per ogni donna e ogni uomo. Una sfida così alta si può vincere solo se Africa, Mediterraneo, Europa saranno capaci di unire intelligenze, energie, risorse.