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Educazione affettiva e censura scolastica

In un “corsivo” pubblicato sulla rivista ‘Il Cantonetto’, poi ripreso dal sito ‘I Naufraghi’, il professor Stefano Barelli (insegnante di italiano presso il Centro scolastico per le industrie artistiche e libero docente di letteratura e filologia italiana all’Università di Friburgo) riferisce di un caso professionalmente increscioso.

Ecco i fatti. Lo scorso anno Barelli, insieme a una collega della Csia, riceve l’incarico di allestire l’esame di maturità specializzata per la Scuola cantonale d’arte. La loro proposta, non diversamente da quanto accade per le altre scuole di maturità, prevede l’analisi di un testo narrativo di riconosciuto valore letterario corredato di un percorso didattico che, dopo l’analisi di aspetti formali e contenutistici, offre agli studenti la possibilità di esprimere delle considerazioni personali sul tema trattato. La nostra scelta – scrive Barelli – è caduta su un racconto del 1957 della scrittrice italo-cubana Alba de Céspedes, ‘La paura’. È la vicenda, narrata in prima persona, di una giovane segretaria di umili condizioni e di saldi principi morali, il cui fidanzato è affetto da una morbosa gelosia. Costui, senza la minima prova, la sospetta di tradimento, la minaccia e arriva a percuoterla fino provocarle la fuoriuscita di alcune gocce di sangue dal naso. Il racconto in effetti è un esempio di sensibilità e di umanità: la storia di due ragazzi diciannovenni nel cui rapporto si insinua la gelosia immotivata di lui, la violenza di lui (due schiaffi), e poi i sensi di colpa, i dubbi e la speranza di lei di poterlo redimere. È l’emblema narrativo di una complessità relazionale che spesso caratterizza la relazione amorosa. Un tema, ne converranno i lettori, di grande attualità: quello delle forme di indebita pressione sulle donne, quello di rapporti affettivi malati, che possono portare a incomprensioni e degenerare in aggressività.

Si consideri che l’esame si indirizzava a giovani adulti, cioè a ragazze e ragazzi con un’età compresa fra i 18 e i 20 anni. E si tenga conto anche degli sforzi che la nostra scuola fa proprio nell’ambito dell’educazione all’affettività, prevista come competenza di base fin dalle scuole dell’obbligo. Dunque, a rigor di logica, una proposta d’esame che si inseriva perfettamente nelle finalità educative perseguite dalla scuola ticinese di ogni ordine e grado.

Eppure… Eppure – scrive ancora Barelli – l’adozione come testo d’esame di questa castigata novella, che all’epoca della sua composizione – gli Anni 50 – avrebbe potuto essere proposta in qualsiasi ordine scolastico (figura infatti in antologie rivolte anche al settore medio), è stata bocciata dall’autorità di vigilanza. C’è da rimanere basiti. Una commissione di vigilanza che considera il tema della violenza domestica inopportuno perché potrebbe urtare la sensibilità degli studenti e compromettere così l’esame scritto di maturità! A giudizio della stessa “autorità”, meglio sarebbe fondare l’esame su un testo che trasmetta un messaggio “positivo e speranzoso”.

A che pro studiare gli autori della letteratura italiana e internazionale, se non anche per approfondire l’umanità travagliata espressa nei loro testi? Se si dovessero affrontare in classe solo testi che trasmettono un messaggio “positivo e speranzoso” allora dovremmo proibire la lettura di gran parte dei capolavori letterari! A questo punto spiace dover avanzare un paio di amare considerazioni.

La prima. Chi compone l’“autorità di vigilanza”? In base a quali criteri essa agisce? Quale concezione didattica la anima? Ciò che appare evidente nello sconcertante divieto che abbiamo brevemente richiamato è da un lato l’intervento autoritario e di censura, dall’altro la probabile inadeguatezza pedagogica. La seconda. Lo sforzo promosso dal Decs negli ultimi 10-15 anni (con la creazione dapprima di un Gruppo di lavoro per l’educazione sessuale, poi con la pubblicazione di un testo “dedicato ai temi della sessualità e dell’affettività”, infine con l’istituzione di una Commissione per l’educazione affettiva e sessuale nella scuola) come si concilia con tali interventi censori? C’è un aspetto educativo di cui si è preso viepiù coscienza negli ultimi decenni. Meglio che la scuola affronti apertamente le problematiche psico-affettive piuttosto che nasconderle in un’idealità pudica e moralizzatrice di fatto controproducente. È un principio di sano realismo pedagogico che i membri della “autorità di vigilanza” sembrano ignorare.