Non è una novità, l’idea che gli stranieri siano un peso per la società e un pericolo per la coesione nazionale prende sempre più piede. Mentre la crisi economica colpisce le famiglie più modeste e l’Europa è in preda a una forte spinta xenofoba, lo straniero fa paura. Sempre che non sia la sua povertà a spaventare, riflesso delle nostre ansie e del nostro egoismo. Gli altri migranti, sono proiettati senza scelta al centro dei nostri dibattiti politici o elettorali, spesso oggetto di manipolazioni perverse, in un clima populista e volontariamente stigmatizzante. La migrazione non è mai presentata come un’opportunità o una fonte di ricchezza, che reca beneficio non solo a chi migra, ma anche ai paesi di partenza e a quelli che la accolgono. Ogni volta che si presenta un’elezione elettorale, allo straniero viene attribuito il ruolo di capro espiatorio, ritenuto a sua volta responsabile dei nostri deficit sociali, approfittatore del sistema, allontanato dalla nostra cultura e dai nostri valori. Non si tratta di essere a favore o contro. Ci sono dei fatti, delle vie tragiche e delle storie umane, spesso dei vicoli ciechi. C’è anche la solidarietà, a rivendicare a volte, anche l’arbitraggio economico, e le realtà geopolitiche. Ma non dimentichiamoci che non si lascia mai il proprio paese per piacere. Lo si fa per sopravvivere, per uscire dalla povertà, trovare un posto inaccessibile a casa, ottenere una formazione, offrire un futuro ai propri bambini. Lo si fa con la speranza di una vita migliore, per non ritornare più, ma spesso per ritrovare il proprio paese, fieri della propria riuscita. Pertanto, dopo trent’anni, da quando il mondo è diventato uno spazio di libera circolazione sia per l’uomo che per i beni, la nostra società è incapace di proporre una posizione coerente e innovativa sull’immigrazione. Da un lato, molti migranti accettano occupazioni non previste per la popolazione locale, spesso, in cambio di salari inferiori e prestazioni sociali minori, dall’altro, molti migranti altamente qualificati sono impiegati nel loro settore di specializzazione e formazione, portando, attraverso l’impiego di cui si occupano, una contribuzione alle società che li accolgono. Gli altri possono essere percepiti come una minaccia per questa società, soprattutto se procurano molto denaro, se partecipano nelle aziende locali o le riscattano. Cambiare opinione sulla migrazione e sui migranti. È una delle sfide più importanti degli anni a venire. Si tratta di accettare i migranti come una chance per la nostra società. Dobbiamo cambiare il nostro modo di vedere la migrazione che può essere considerata come opportunità e non come pericolo. Non facendo la scelta di ripiego, ma osando l’incontro e il rischio della complessità. Coltiviamo questa speranza, questa fiducia ragionevole lontana dal comunitarismo.