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La sinistra e l'odio verso Israele

L’odio della sinistra verso Israele e l’Occidente è spesso radicato in una profonda ostilità verso la capacità di Israele di difendersi e nella sfida che questo rappresenta per le loro narrazioni ideologiche. Israele, infatti, non è semplicemente un Paese coinvolto in un conflitto regionale: è il simbolo di un popolo che per millenni è stato vulnerabile e perseguitato, ma che ora, grazie alla sua autodeterminazione, ha costruito uno Stato forte e sovrano. Questo fatto disturba chi ha sempre visto gli ebrei come vittime e, nel momento in cui essi rivendicano il diritto a difendersi, viene percepito come una minaccia. Non si tratta solo delle politiche specifiche di Israele, ma della sua stessa esistenza, che cambia radicalmente le regole del gioco. Israele non accetta di essere passivamente oggetto di attacchi o sottomesso alle regole di chi vuole imporre la sua distruzione. In questo contesto, certi esponenti della sinistra non possono tollerare che uno Stato democratico, che rappresenta valori occidentali, si difenda in modo così deciso e realistico. C’è una preferenza per i “deboli”, anche quando questi commettono atti di terrore, come attacchi suicidi, sequestri e violenze indiscriminate contro i civili. Israele viene criticato per non essere “migliore degli altri” nel rispetto delle regole internazionali, ma viene ignorato il fatto che i suoi nemici non seguono alcuna regola. Questi terroristi vengono romanticizzati come “resistenza”, mentre Israele è accusato di essere un oppressore. Si crea così una narrazione in cui il terrorismo è giustificato e la difesa di Israele viene costantemente delegittimata. Questo odio è ulteriormente alimentato dalla complicità di certi giornalisti, che con reportage tendenziosi e narrazioni selettive dipingono Israele come l’aggressore. Alcuni media ignorano deliberatamente la scoperta di tunnel terroristici sotto scuole e ospedali, la presenza di arsenali sotto la supervisione delle Nazioni Unite e le connessioni tra gruppi terroristici e istituzioni internazionali. Quando, ad esempio, si scoprono tunnel e arsenali di Hezbollah sotto il naso di Unifil o le sedi di Hamas nelle scuole dell’Unrwa, questi fatti vengono spesso minimizzati o addirittura ignorati, rinforzando la narrazione che Israele sia sempre nel torto. Questo atteggiamento ipocrita si riflette anche nell’incapacità di accettare che Israele non possa essere controllato né dalle grandi potenze né dalle organizzazioni internazionali, che esso stesso smaschera per la loro inefficacia e doppiezza. Israele non si piega a un sistema che preferisce vedere gli ebrei come vittime, e questa sua resilienza diventa un bersaglio per chi non sopporta di vedere la sua autodeterminazione. In definitiva, l’odio verso Israele e l’Occidente da parte della sinistra, amplificato dalla complicità di certi giornalisti, non è solo una critica politica, ma una reazione viscerale all’affermazione di uno Stato che sfida le loro premesse ideologiche. Questo odio non solo colpisce Israele, ma mina i principi stessi della democrazia e della libertà che la sinistra dovrebbe sostenere.