laR+ I dibattiti

Imprenditori: zitti e buoni!

(Ti-Press)

Negli ultimi mesi la Camera di commercio (Cc) e l’Associazione industrie ticinesi (Aiti) hanno espresso il proprio pensiero su imprenditori, salari e ruolo dello Stato. Esse affermano che la ricchezza e i posti di lavoro siano unicamente merito dell’imprenditore e che lo Stato debba limitarsi da una parte a sistemare i conti – secondo loro fuori controllo – e dall’altra a sgravare fiscalmente le persone facoltose, ovvero gli imprenditori stessi.

La riflessione su chi crea veramente la ricchezza non è irrilevante, poiché condiziona i rapporti di forza e quindi la spartizione della ricchezza in busta paga. Se si crede che il merito sia dell’imprenditore, si permetterà che la spartizione avvenga a suo vantaggio; se si crede che il merito sia dell’intero gruppo, si indurrà una spartizione più equa fra tutti i membri della squadra. Tutto ciò ha evidenti ricadute sull’ammontare delle entrate fiscali e delle uscite (sussidi per i salari bassi) dello Stato. Essendo in Ticino un quarto dei contribuenti esentasse e una delle uscite più importanti i sussidi, si potrebbe ipotizzare che gli imprenditori inseriscano salari bassi in busta paga.

Quando l’Ufficio federale di statistica nel marzo 2024 evidenziò che la mediana salariale era 1’200 franchi inferiore a quella svizzera, la Cc reagì veementemente con un publiredazionale sui due quotidiani cantonali denunciando “distorsioni statistiche”. La Cc sostenne che paragonando a parità di condizioni i salari dei soli residenti, togliendo dunque quelli dei frontalieri, la differenza di salario con il resto della Svizzera si riduceva dal 18-20% all’8-10%. L’Ufficio cantonale di statistica però, utilizzando proprio la metodologia rivendicata dalla Cc, mostrò già in un suo studio del gennaio 2023 – poi aggiornato nel maggio 2024 – che la differenza salariale tra i residenti in Ticino e quelli svizzeri scende solamente al 15,8%. Ergo: i datori di lavoro del nostro cantone mettono meno soldi nelle tasche di lavoratrici e lavoratori rispetto ai colleghi del resto della Svizzera.

Oltre ad aver sminuito dolosamente il grande divario salariale con il resto della Svizzera, Cc e Aiti hanno anche attaccato frontalmente lo Stato. A loro dire lo Stato – notabene con la fiscalità più sociale della Svizzera (!) – sarebbe reo di prosciugare le tasche di cittadine e cittadini attraverso imposte e tasse troppo elevate per poter coprire le spese pubbliche fuori controllo. È vero che il tanto citato studio Idheap dell’Uni Losanna rileva una spesa pubblica superiore alla media svizzera. Ma se è vero che per i salari bisogna paragonare mele con mele (Cc dixit), allora ciò vale anche per il confronto intercantonale della spesa pubblica. Osservando allora le uscite pro-capite 2023 di Cantoni alpini o di frontiera che beneficiano della perequazione intercantonale, rileviamo dati interessanti. Il Ticino spende pro-capite 11’900 Fr., Grigioni 13'800, Uri 12'160, Vallese 11'040, Neuchatel 13'560 e Giura 13'600 franchi. Se però il Ticino con ciò che riceve dalla perequazione copre solo l’1,6% delle proprie uscite, il Vallese con una spesa pro-capite inferiore al Ticino ne copre il 21,3% (!). Il Grigioni copre invece il 9,6%, Uri il 14,7%, Neuchatel l’11,6% e il Giura il 15,3%. Questi dati mostrano che il nostro Cantone, paragonato ad altri con condizioni simili, non è uno spendaccione.

Andando poi a vedere se lo Stato stia tartassando cittadine e cittadini di tasse e imposte, come vorrebbero far credere Cc e Aiti, scopriamo che in Ticino le tasse causali sono sì aumentate negli ultimi anni, ma – cosa che la Cc si è guardata bene dal dire – tale carico rimane nella media svizzera. In merito al carico fiscale, invece, si lascia dolosamente intendere che esso sia aumentato, ma le statistiche mostrano che dal 2003 a oggi vi è stata per ogni fascia di imponibile, eccetto quella oltre i 200'000 franchi, una diminuzione del versamento medio pro-capite. Se infine consideriamo il rincaro sulle spese obbligatorie (affitto, cassa malati, assicurazioni varie) che erode il potere d’acquisto, è evidente pensare che tali soldi spesi in più da cittadine e cittadini non vanno bruciati ma finiscono nelle tasche di qualcuno. Una recente statistica dell’Unione sindacale svizzera ha mostrato che gli unici redditi aumentati negli ultimi cinque anni sono quelli alti. Tutte coincidenze?

Davanti a questi dati cosa si deve pensare della categoria imprenditoriale o quantomeno dei loro leader? Quando parte delle associazioni economiche e dei partiti che le sostengono si arrogano l’esclusivo merito di produrre ricchezza, fregiandosi di generare un Pil pro-capite annuale di 94'000 franchi e poi si scopre che tale Pil non si traduce in salari sonanti nella media con il resto della Svizzera, non vien da pensare che qualcuno si stia intascando il grosso dei guadagni a spese del resto della squadra? Quando poi si scopre che il tentativo di rifilare la colpa allo Stato per la precarietà di cittadine e cittadini non regge alla prova dei dati, non vien da pensare che i rappresentanti delle associazioni economiche nascondano così la loro malafede? Quando gli imprenditori chiedono con baldanza sgravi fiscali agli alti redditi, non vien da pensare che lo fanno per le loro tasche?

Sembra veramente di essere tornati a una cultura feudale dove la collettività è ridotta a servo della gleba che deve ringraziare con deferenza il proprio Signore/Imprenditore, quale artefice unico della propria sempre più scarna sussistenza. Chi riceve un salario sotto la mediana cantonale di 5’300 franchi è bene che costruisca la fiducia in sé per andare a prendersi quello che gli spetta, perché come dice il Preambolo della Costituzione svizzera “libero è soltanto chi usa della sua libertà” e “la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri”. Ne prendano atto gli imprenditori.

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