laR+ La trave nell'occhio

Il tradimento dello Stato di diritto

(Ti-Press)

In questi ultimi tempi si discute delle Costituzioni che reggono lo Stato di diritto. Se ne parla molto a sproposito in Italia per negare – lo fanno alcuni indecenti esponenti del governo – l’essenza antifascista della Costituzione del 1948. Dico a sproposito perché ogni Stato costituzionale di diritto è antifascista per sua natura.

Ma a nessuno sfugge come oggi ci siano governi e maggioranze intente ad approvare leggi e leggine e decreti in aperta contraddizione con i principi delle Costituzioni: a essere aggredite e contestate non sono questioni di dettaglio, bensì le stesse fondamenta dello Stato di diritto. Quando ciò succede, e succede, le Costituzioni liberali continuano a dare forma allo Stato ma non corrispondono più ai contenuti dell’agire politico: diventano una forma priva di sostanza, un’etichetta contraddetta dai contenuti. Gli stati illiberali, quelli che fanno dell’odio sociale un vero e proprio programma, ne sono una esplicita dimostrazione: esaltano le recinzioni; l’esclusione è un valore e le differenze sono un pericolo; ai migranti è negato il diritto alla speranza e la sostituzione etnica fa parte delle cose da scongiurare; i diritti non sono per tutti e si ammette che ci sono quelli che ne hanno e altri no; la crisi climatica non c’è ed è un’invenzione delle sinistre. È questo il vademecum sommario di certe destre europee, afasciste per convenienza, fasciste per convinzione. Sono loro a ripeterci che quei contenuti non inficiano lo Stato di diritto.

Tanto per smentire, propongo di mettere a confronto qualche articolo di qualsiasi Costituzione liberale: le incongruenze balzano subito all’occhio. Prendete gli articoli 7, 8, 12, della nostra Costituzione (trattano della dignità delle persone, escludono ogni forma di discriminazione, garantiscono a tutti condizioni minime di esistenza) completate con l’articolo 36 (“intangibilità” dei diritti fondamentali: eventuali restrizioni “sono giustificate solo da un interesse pubblico o dalla protezione di diritti fondamentali altrui”), confrontateli con la filosofia dei muri, dei Noi e degli Altri, e poi tirate le somme.

Il tradimento dello Stato di diritto da parte della politica io lo avverto quando si scinde la democrazia, come fa la destra populista, dalla garanzia dei diritti fondamentali (non c’è democrazia senza libertà). Quando questa garanzia vien meno è la Costituzione stessa che induce alla resistenza e ci impone di ribellarci. Perché in uno Stato di diritto il rispetto della legge è assoluto fin tanto che essa non violi i diritti fondamentali e la dignità umana.

Le Costituzioni non sono dei pezzi di carta senza vita

La storia ci insegna che le Costituzioni non sono dei pezzi di carta senza vita, ma sono il prodotto di brusche collisioni con l’ordine vigente, di ribellioni, di feroci contese, perfino di vere e proprie rivoluzioni. I principi del costituzionalismo liberale, democratico e sociale, sono insomma il risultato di un aspro cammino. Piero Calamandrei, politico e insigne giurista (1889-1956), ebbe parole formidabili in proposito e ci insegnò che la Costituzione è il prodotto di “polemiche”, di voci lontane e vicine che hanno lottato, talvolta hanno pagato con la vita, per affermare la dignità umana, i diritti inalienabili alla libertà, alla vita e alla ricerca della felicità (così recita la Dichiarazione di indipendenza americana del 1776).

Ogni costituzione liberale assume quindi una dimensione polemica e perfino rivoluzionaria ogni qual volta un potere politico volesse far prevalere la “legalità delle leggi materiali” sulla “legalità del diritto costituzionale”. E allora? Allora forse vale la pena di pensare che la Costituzione sia in parte una realtà acquisita ma in parte un programma che sta davanti a noi: non un punto d’arrivo, ma un punto di partenza, un impegno di lavoro per realizzare – per dirla con Hannah Arendt – il “diritto – di tutti gli esseri umani - di avere diritti”.

E forse per salvaguardare questo diritto di avere diritti, a ben pensarci, vale la pena di imbrattare qualche muro, consumare un po’ di colla e perturbare con risoluta insistenza il quieto vivere del placido borghese. Lo hanno fatto i nostri predecessori, sono stati condannati a vario titolo, ma poi la storia ha dato loro ragione.

Due consigli di lettura: P. Calamandrei, “Discorso ai giovani sulla Costituzione”, in Lo Stato siamo noi, Chiarelettere, Milano, 2011; Liliana Segre, La stella polare della Costituzione, Einaudi, Torino, 2023.

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