Il 15 maggio ci esprimeremo sul Decreto di austerità che prevede un pareggio del bilancio entro il 2025 attraverso il rallentamento degli investimenti, la riduzione dei servizi e la diminuzione dei contributi.
Questa manovra a senso unico, dove viene fissato un limite alle uscite senza prevedere aumenti delle entrate, chiamerà all’esercizio dell’austerità soprattutto ceto medio e fasce più deboli le quali vedranno diminuire drasticamente prestazioni e sussidi. Sleale nei confronti delle fasce mediane e basse della popolazione il Decreto detto "Morisoli" non risponde neppure alle esigenze del Ticino di oggi: in una situazione di post-pandemia il nostro cantone necessita di uno Stato dinamico e interventista capace d’investire laddove il privato, attualmente, non ha la possibilità di farlo.
Inadatto a far fronte alle sfide del presente, il Decreto è pericoloso anche per le conseguenze sul lungo termine: tagliare sui contributi a enti sociosanitari e universitari, esercitare pressione sul personale cantonale con il blocco delle sostituzioni d’impiegati, docenti e operatori scolastici specializzati, o ridurre le prestazioni finanziarie a settori sociali, ambientali e culturali, sono tutte misure che abbasseranno ai minimi termini la qualità della vita nel nostro cantone.
Il Decreto Morisoli prevede misure penalizzanti oltre al necessario se si considera che il nostro cantone è fra quelli che meno investono per rapporto al proprio Pil: due punti in meno rispetto alla media svizzera. In Ticino, dunque, l’austerità è già un dato di fatto.
Il Decreto rappresenta un’ideologia neoliberista dove il contenimento delle spese, senza aumento delle entrate, ha conseguenze immediate sulla fascia medio-bassa ma che, sul lungo termine, colpisce l’insieme della società.