Chiunque legga i giornali sa probabilmente che il settore è in crisi. In 15 anni quasi il 70% delle entrate pubblicitarie che contribuivano a finanziare le testate sono scomparse, o migrate online. Le vendite sono crollate, i ricavi dagli abbonamenti sono diminuiti, molte persone sembrano non essere più disposte a pagare per un giornalismo di qualità. Le conseguenze di tutto ciò sono sotto gli occhi di chiunque: risparmi, ingenti tagli dei posti di lavoro, fusioni delle redazioni, contenuti più o meno tutti identici fra loro e declino generale della diversità nel panorama mediatico svizzero. Per di più in un settore dove sono poche le aziende che scrivono conti in nero e le persone lavorano in condizioni stressanti per salari miseri.
Dal 2003, 70 testate diverse sono scomparse. In Ticino abbiamo assistito alla chiusura de Il Caffè nell’estate del 2021 e del Giornale del Popolo nella primavera del 2018. Sembrerebbe trattarsi di una vera e propria estinzione di massa, particolarmente evidente nelle regioni e nelle zone periferiche. Naturalmente sarebbe lecito pensare, nello spirito darwinista, di lasciar correre e permettere al mercato di fare la sua parte.
Permettere dunque in breve ai giornali di condividere il destino dei negozi di noleggio dei Dvd. Ma il giornalismo non è un bene o un servizio qualsiasi di cui possiamo anche, volendo, fare a meno. In un sistema mediatico in continua contrazione è lo spettacolo, miscelato con accuse, ideologie e intrattenimento a vendere. Mentre in quei luoghi dove non esiste più alcun giornale che possa riportare gli eventi locali, l’affluenza alle urne diminuisce, la polarizzazione della società aumenta e la disinformazione pure. È questo che vogliamo?
Attraverso i media le e i giornalisti informano la popolazione su politica, cultura e società facendo ricerche fondate, inquadrando i fatti e creando un insieme di valori e regole comuni che permettono il dibattito. Pertanto, si tratta di un servizio fondamentale per le basi stesse di una democrazia funzionante e degna di questo nome. Il pacchetto di misure d’aiuto ai media è il risultato di un compromesso del Parlamento e ha come scopo quello di frenare il drastico calo nel settore e dare sollievo alla crisi dei finanziamenti mediatici.
Lo scopo dei sussidi è in breve di guadagnare tempo: permettere ai media di sopravvivere, di respirare a fondo e avere energie e tempo da dedicare a nuovi progetti e infrastrutture. Si tratta anche di sovvenzionare la formazione e l’aggiornamento professionale, strumenti cardine dell’esercitare con competenza la professione, e non da ultimo maggiore sostegno al Consiglio della stampa, l’istituzione del settore che controlla il rispetto del codice deontologico.
I media hanno un’importanza sistemica per la nostra democrazia, per questo motivo bisogna votare Sì al pacchetto di misure.