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Politica giovanile sì, ma quale?

Tutti i partiti parlano di voler fare qualcosa per i giovani, che oggi possono frequentare i locali pubblici e le sale per eventi, consumare e contribuire a far girare l’economia, ma non hanno spazi interni dove incontrarsi liberamente.
Nei negozi sono attirati sin da piccoli da gadget che ricevono solo se l’adulto accompagnatore spende più di una certa cifra. Molta pubblicità si rivolge a loro anche indirettamente.
Nella fase adolescenziale, tanto delicata per la difficile ricerca del sé e la costruzione della propria personalità, sono bombardati da immagini cinematografiche di atteggiamenti spericolati e dannosi per la salute: gli attori fumano, bevono, si drogano e sono i protagonisti da emulare! Sono spinti a comprare vestiti firmati per i quali indebitarsi, pur di ottenere quell’accettazione da parte del “branco” tanto importante per il senso d’appartenenza. Strumentalizzati fino al midollo, guai a dar loro spazi liberi dove discutere senza essere “manovrati”, perché il rischio è quello di sfuggire di mano al sistema, di creare un sistema diverso, forse migliore, dove l’essere umano ha la sua dignità e non è considerato solo un consumatore, un contribuente, un elettore, uno schiavo economico.
I centri autogestiti non piacciono perché sfuggono al controllo di chi ci vuole ingabbiati, muti e obbedienti. Non sono tollerati nemmeno da chi risiede nei dintorni per il baccano e la trasgressione che spaventa.
Chissà quante belle idee potrebbero nascere, invece, a dar loro spazi liberi dove incontrarsi, fare insieme e discutere, idee diverse dal riproporre sempre solo lo stesso tipo di società ammazza-sogni. I giovani hanno bisogno di ideali forti e modelli da seguire, ecco perché la saga del Signore degli anelli e della sua compagnia ha avuto tanto successo. Ma il sistema offre loro ideali, come quello del clima, per perseverare nei suoi intenti di conformità e di imprigionamento dell’essere umano, ridotto per il “bene del pianeta” a vivere in città (o anche solo in edifici) da 15 minuti, dette anche città smart, totalmente digitalizzate, dove il cittadino è sorvegliato a vista e riceve “buoni di libertà” sulla base del grado di conformità (o obbedienza). Nessuno però spiega che per vivere in queste gabbie elettrificate serve moltissima energia, e allora via, con progetti costosissimi di copertura del nostro bel paesaggio con centri eolici e fotovoltaici e di nuove centrali nucleari! Ma con l’impronta ambientale come la mettiamo? Come si fa a parlare di progresso ecologico quando il consumo energetico e di materie prime non diminuisce?
Forse dai giovani, se fossero davvero liberi di organizzarsi e dessimo loro la considerazione che meritano, emergerebbero delle proposte più sostenibili. Forse il parlamento dei giovani dovrebbe essere possibile già a livello comunale. Forse la classe politica dovrebbe porre le condizioni logistiche e finanziarie affinché venga data loro questa opportunità. Forse così potremmo parlare di vera politica giovanile.