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L’insostenibile assenza della cultura

Fate un giro nei programmi dei partiti e cercate la parola "cultura". Non ci impiegherete molto, perché è praticamente assente. Fa eccezione il Ps, che ha nel suo programma obiettivi di politica culturale per il cantone. La cultura, intesa come produzione di eventi, porta un indotto economico, lo dimostrano diversi studi e il finanziamento delle manifestazioni è spesso garantito. C’è un però: l’attenzione è focalizzata su avvenimenti e gruppi (dal Festival di Locarno all’Osi per citare i più evidenti) che propongono manifestazioni, concerti e spettacoli di alta qualità, molti meno fondi sono destinati alla fase creativa e alla cultura indipendente, che necessitano sforzi, tempo e impegno quasi mai remunerato in modo soddisfacente. Siamo ancora al "Che cosa fai nella vita?" "L’attore/attrice (o il pittore/pittrice o lo scrittore/scrittrice o il danzatore/danzatrice)" "Sì, ma di mestiere che cosa fai?". Come se le arti fossero hobby. I mestieri della cultura sono anche quelli dei tecnici e dei registi, dei coreografi e degli sceneggiatori, che non sono riconosciuti come tali e devono trovare altre occupazioni per sopravvivere. Il nostro cantone è piccolo e offre molto in campo culturale, bisogna ammetterlo. Spesso però per artiste e artisti di ogni settore la richiesta di finanziamenti è una giungla di uffici e formulari e i finanziamenti arrivano a pioggia, senza una visione. Soprattutto senza l’attenzione alla possibilità per le persone di vivere del proprio lavoro anche nella fase di creazione delle opere o nel momento in cui la stagione degli spettacoli è ferma. E poi il tema del finanziamento alla cultura si scontra con il "benaltrismo", ovvero: "Sono altre oggi le priorità". Una logica da rompere, ascoltando chi fa cultura e fatica a vivere di cultura.