Le motivazioni del tribunale di Torino sul caso dell’eredità della vedova di Gianni Agnelli, la cui residenza nella Confederazione sarebbe stata fittizia
È "verosimile" che i fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann fossero consapevoli della "frode". Lo scrive il tribunale del riesame di Torino confermando i sequestri disposti dalla procura nell'inchiesta che ruota intorno all'eredità di Gianni Agnelli. Il passaggio, che occupa quasi un'intera pagina, si riferisce all'ipotesi di truffa ai danni dello Stato.
Secondo gli inquirenti alla morte di Marella Caracciolo, vedova dell'Avvocato e nonna degli Elkann, l'imposta di successione avrebbe dovuto essere versata in Italia (cosa non avvenuta) perché la residenza della donna in Svizzera era fittizia. I giudici, nell'ordinanza, potevano limitarsi a stabilire se c'erano esigenze investigative che giustificavano la presa in consegna di documenti, telefonini, device. La loro risposta, in generale, è affermativa. Ma quando parlano della presunta truffa si soffermano, per rispondere alle obiezioni della difesa, anche sull'esistenza di un possibile reato.
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Marella Caracciolo e Gianni Agnelli
"La frode - scrivono - è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti i tre fratelli Elkann, i quali si è visto come fossero in ottimi rapporti con la nonna e come ne conoscessero abitudini e problematiche di salute che rendevano prevalente la sua permanenza in Italia anziché in Svizzera. Di fronte al decesso della congiunta è verosimile che abbiano avallato, con dolosa volontà adesiva, le strategie già suggerite e realizzate con la fattiva assistenza di Gianluca Ferrero (il commercialista di famiglia - ndr)". Per i giudici c‘è una circostanza che riveste carattere di indizio: "Solo nel 2023, quasi quattro anni dopo il decesso, gli Elkann si sono precipitati a dichiarare in tutta fretta (al fisco - ndr) le risorse incamerate dalla defunta nonna".
Opinioni che le difese tenteranno di rintuzzare in Cassazione: anche perché - è la loro tesi - il mancato versamento dell'imposta di successione non è previsto come reato da nessuna legge italiana. Al massimo è un illecito amministrativo. Quanto al resto, il tribunale ha acceso il semaforo verde alla procura, che adesso, per ricostruire le rendite di Marella Agnelli e quantificare le tasse che avrebbe dovuto pagare in Italia, potrà estendere gli accertamenti fino a ’Dicembre‘, la cassaforte che controlla tutte le società del gruppo. Il primo sequestro, quello dell'8 febbraio, era stato (in buona parte) annullato. Il secondo, del 7 marzo, invece è valido. Per una serie di ragioni. Una di queste è di carattere grafico: infatti "ogni periodo, paragrafo e sottoparagrafo (del nuovo decreto dei pubblici ministeri - ndr) è del tutto diverso nella forma espressiva, nell'ordine e nella strutturazione delle parti espositive". Insomma, è stato scritto un po’ meglio.