Sfide enormi per il conservatore vicino a Khamenei, dal Covid al nucleare. L'Ue alla cerimonia, ira di Israele
In Iran inizia l'era del 'falco' Ebrahim Raisi: il neo presidente ultraconservatore si è insediato alla presidenza dopo aver ricevuto l'approvazione della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei - di cui è stretto alleato - nel corso di una cerimonia a Teheran e trasmessa in diretta dalla tv di Stato.
Nel suo discorso il vincitore delle ultime elezioni, segnate da un astensionismo che ha superato il 50%, ha criticato l'attuale situazione in Iran, sottolineando che "i problemi nel Paese sono dovuti da una parte ad ostilità da parte di nemici e dall'altra da questioni interne, che hanno minato la fiducia della popolazione nel sistema". Gli ha fatto eco Khamenei: "I nemici hanno condotto una guerra di propaganda contro l'Iran attraverso i media e una guerra soft, specialmente negli ultimi anni nel campo della sicurezza e dell'economia", ha detto, parlando alla cerimonia.
"Non faremo affidamento sugli stranieri", ha quindi sottolineato Raisi puntando il dito contro la precedente amministrazione del moderato Hassan Rohani per i problemi economici che affliggono il Paese. "Da oggi, la mia amministrazione seguirà un programma urgente e a breve termine per rimuovere i dieci problemi più importanti, compresi quelli relativi alla carenza di budget, investimenti, inflazione, diffusione del coronavirus, carenza di acqua ed elettricità". Il suo mandato dura quattro anni, ma le sfide immediate che lo attendono sono enormi, al di là dell'economia asfissiata dalle sanzioni: prima fra tutte la gestione della pandemia (il numero giornaliero di casi ha toccato oggi un nuovo record, superando i 39.000).
Ma anche il futuro dell'accordo sul nucleare, finito su un binario morto dopo il ritiro degli Usa, voluto dall'ex presidente Donald Trump, cui è legato il possibile allentamento delle sanzioni. Un capitolo su cui però almeno ufficialmente la linea di Teheran - via le sanzioni senza alcuna rinegoziazione - non dovrebbe cambiare. E Raisi, 60 anni, già capo della Corte suprema iraniana, considerato il responsabile di eccidi di oppositori alla fine degli anni '80, assume la guida del Paese in un momento in cui Teheran è nuovamente nell'occhio del ciclone. L'Iran è infatti accusato da Usa, Gb e Israele di essere dietro l'attacco alla petroliera Mercer Street, in cui sono morte due persone, un cittadino britannico e un romeno.
Protesta anti-Raisi di cittadini iraniani a Washington (Keystone)
L'Unione Europea ha condannato l'attacco, prendendo atto delle accuse dei tre paesi, ma si è limitata a chiedere chiarezza sulle circostanze. E la decisione Bruxelles di inviare il vice segretario generale del Servizio europeo per l'azione esterna Enrique Mora (coordinatore Ue ai colloqui sul nucleare, argomento che potrebbe essere toccato al margine dell'insediamento) alla cerimonia di insediamento di Raisi, è stata duramente attaccata da Israele.
Una scelta che "lascia interdetti e dimostra una scarsa capacità di giudizio", ha affermato il ministero degli esteri israeliano in un comunicato in cui fa appello ai dirigenti europei di "annullare la loro vergognosa partecipazione alla cerimonia del 'macellaio di Teheran' ". Nel comunicato Israele rileva che quell'evento si svolge "pochi giorni dopo che l'Iran ha ucciso due civili, uno dei quali membro di un Paese della Ue, in un attacco terroristico lanciato contro una nave civile. Il nuovo presidente dell'Iran - prosegue il comunicato israeliano - ha le mani intrise di sangue di migliaia di cittadini iraniani...adulazione e servilismo verso regimi violenti e totalitari servono solo a incoraggiare nuove violenze e aggressioni".
A rincarare la dose con toni minacciosi è sceso in campo anche il premier Naftali Bennett: "L'Iran - ha detto - sa bene che prezzo paga chi minaccia la nostra sicurezza. Gli iraniani sappiano che non possono restare seduti tranquilli a Teheran e da là appiccare il fuoco al Medio Oriente. Ciò è finito".