Il 44enne sarebbe coinvolto in un colossale traffico internazionale di cocaina gestito dai clan calabresi: 17 anni e 4 mesi la richiesta dell’accusa
Assoluzione per non aver commesso il fatto. È la richiesta avanzata dal difensore del quarantaquattrenne calabrese, sospettato di essere affiliato alla cosca Gallace di Guardavalle. L’uomo, arrestato nel novembre 2021 a Lugano, dove abitava da anni con regolare permesso di lavoro, è attualmente sotto processo a Catanzaro. E con lui altri ventisette imputati. Per l’accusa sarebbero coinvolti in un colossale traffico internazionale di cocaina gestito dai clan calabresi. Oltre alla cosca dei Gallace, anche quelle di Gioia Tauro dei Molè, Pesce e Bellocco, cioè il gotha della ’ndrangheta.
Su come l’avvocato Vincenzo Cicino, difensore del quarantaquattrenne calabrese – cameriere in un bar di Lugano, attualmente a piede libero, essendo stato scarcerato dopo che aveva già ottenuto gli arresti domiciliari –, abbia argomentato la richiesta di assoluzione del suo assistito, a fronte di una richiesta di condanna di diciassette anni e quattro mesi di reclusione, si hanno scarse informazioni. Anche perché il processo in sede di udienza preliminare si svolge a porte chiuse. Per quanto è dato sapere l’avvocato Cicino, al termine di una lunga arringa difensiva basata sulla copiosa documentazione processuale, fra cui molte intercettazioni, ha sostenuto che gli addebiti contestati al quarantaquattrenne calabrese, primo fra tutti quello di essere stato un referente dell’organizzazione con i cartelli sudamericani della cocaina, non sono supportati da prove certe.
Fra le carte processuali anche i documenti forniti dalla magistratura ticinese che ha collaborato all’inchiesta, indagando oltre che sull’uomo calabrese, anche su un sessantenne milanese, residente a Melide. Sessantenne milanese pure lui arrestato e uscito dal processo dopo aver patteggiato una condanna a due anni, per favoreggiamento. Gli investigatori ticinesi hanno documentato numerosi viaggi da Lugano a Zurigo per consegnare somme di denaro utili per finanziare il traffico di cocaina.
Nel frattempo continuano le udienze che, con cadenza settimanale (il giorno è il venerdì e tutti i difensori che hanno discusso la posizione dei propri assistiti ne hanno chiesto l’assoluzione), andranno avanti sino al 14 febbraio del prossimo anno, giorno in cui la giudice Maria Cristina Flesca dovrebbe pronunciare la sentenza per questo troncone toscano-calabrese della maxi-inchiesta ‘Cavalli di razza - Nuova narcos europea’. Filone sviluppatosi non solo nei porti di Livorno e Savona, ma anche in diversi scali marittimi del Nord Europa, che nel novembre scorso ha portato all’arresto di oltre cento persone. Di cui una sessantina in Lombardia, perlopiù in provincia di Como, in comuni in cui, come Fino Mornasco, è radicata la ’ndrangheta che ha allungato i suoi tentacoli in Ticino e in altri cantoni svizzeri. Non solo ’ndranghetisti (una decina dei quali attivi oltre Gottardo), ma anche colletti bianchi. Tutta gente già passata al vaglio dei giudici di Milano e Como che hanno pronunciato pesanti condanne. Nel processo di Catanzaro la pm Debora Rizza della Dda calabrese ha chiesto nei confronti dei ventotto imputati condanne per complessivi quattrocentodieci anni di carcere, che sarebbero stati più di seicento senza rito abbreviato. Rito abbreviato a cui sono stati ammessi tutti gli imputati che, in caso di condanna, beneficiano quindi della riduzione di un terzo della pena.