La richiesta è stata formulata dal pm Debora Rizza nel processo in sede di udienza preliminare a Catanzaro
Diciassette anni e quattro mesi. È la richiesta di condanna formulata dal pm Debora Rizza della Dda di Catanzaro nei confronti del 44enne calabrese, affiliato alla cosca Gallace di Guardavalle, arrestato nel novembre 2021 a Lugano, dove abitava da anni con un regolare permesso di lavoro (era occupato come cameriere in un bar gestito da un 60enne milanese residente a Melide). La pesante richiesta di condanna è arrivata nel primo pomeriggio nel processo in sede di udienza preliminare nei confronti di 28 imputati, coinvolti in un colossale traffico internazionale di cocaina gestito dai clan calabresi, oltre alla cosca dei Gallace di Guardavalle, anche quelle di Gioia Tauro dei Molè, Pesce e Bellocco, il gotha della 'ndrangheta. Complessivamente l'accusa ha chiesto condanne per oltre 410 anni di carcere, che sarebbero stati più di 600 se non fosse che gli imputati sono giudicati con rito abbreviato, per cui in caso di condanna beneficiano della riduzione di un terzo della pena. Sconto già calcolato dall'accusa.
La richiesta di condanna formulata nei confronti del 44enne calabrese arrestato a Lugano non è comunque la più alta. Ce ne sono due a 20 anni (massimo della pena) e una a 18 anni. Stando all'accusa l'organizzazione, sgominata nell'ambito della megaoperazione “Cavalli di razza-Nuova Narcos Europa” del novembre 2021, che coordinata dalle Dda di Milano, Catanzaro e Firenze aveva portato all'arresto di oltre un centinaio di persone, molte delle quali radicate in provincia di Como, con agganci in diversi cantoni svizzeri, ha gestito l'importazione di ingenti quantitativi di cocaina attraverso i porti di Gioia Tauro, Genova e Livorno. Secondo la pm Debora Rizza, l'organizzazione avrebbe operato attraverso sofisticati strumenti di comunicazione per eludere le investigazioni e poter coordinare la consegna della cocaina oltre che nei porti italiani, anche in altri scali internazionali quali Barcellona, Algeri, Valencia, Rotterdam e Anversa.
Un'organizzazione ben strutturata, secondo l'ipotesi dell'accusa, radicata a Guardavalle. Ma che ha potuto contare su diversi referenti e basi logistiche sull'intero territorio nazionale per il deposito, il temporaneo stoccaggio e la commercializzazione dello stupefacente. Il procedimento di Catanzaro, che ha unificato il troncone di Firenze con uno dei filoni calabresi, va ad aggiungersi ai processi già celebrati a Milano e a Como, nei confronti di una sessantina di imputati, quasi tutti condannati a pene pesanti. Nel corso della requisitoria l'accusa si è soffermata sulle singole posizioni dei 28 imputati. Il 44enne calabrese arrestato a Lugano è stato indicato come uno dei committenti del traffico di cocaina (non meno di cinque tonnellate di polvere bianca) dal Sud America al porto di Livorno. Insomma, per l'accusa un ruolo importante, avendo gestito l'importazione della cocaina sulla scorta dei propri contatti con i cartelli sudamericani. Un ruolo che ha ereditato a seguito dell'arresto del precedente committente, per il quale l'accusa ha chiesto 20 anni di carcere. Inoltre, il 44enne ex cameriere a Lugano, per il pm Debora Rizza è da condannate anche per aver movimentato con la collaborazione del 60enne di Melide somme di denaro dalla riva del Ceresio a Berna, che sarebbero servite per pagare la cocaina ai cartelli sudamericani. Il 60enne milanese è uscito dal processo in sede di udienza preliminare a Firenze patteggiando una condanna a 2 anni di reclusione. La parola ora passa al nutrito collegio difensivo. La sentenza è attesa entro la fine dell'anno.