Confine

Venti condanne nell'operazione ‘Cavalli di razza’

L'indagine ha portato anche a due arresti, nel 2021, sul territorio ticinese. Oltre cento gli indagati dalle autorità italiane

Traffici di stupefacente dal Sudamerica
(Ti-Press)
7 gennaio 2024
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Prime venti condanne nel filone calabrese dell'operazione “Cavalli di razza-Nuova Narcos Europa” condotta dalle Dda di Milano, Firenze e Reggio Calabria che nel novembre 2021 aveva portato all'arresto di oltre cento indagati. Una decina dei quali in Svizzera: due a Lugano, oltre Gottardo gli altri finiti in manette, soprattutto nel Canton San Gallo, tutti affiliati alla ’ndrina di Fino Mornasco, in passato attiva anche a Chiasso e Mendrisio.

Dopo i processi e le condanne inflitte nei mesi scorsi dai giudici di Milano e di Como a 42 imputati (34 nel capoluogo lombardo e 8 in riva al Lario per complessivi 320 anni di carcere), ora è la magistratura calabrese a giudicare gli imputati del filone principale dell'inchiesta riconducibile alla ’ndrangheta. Ed è un conto salatissimo quello presentato dal giudice dell'udienza preliminare Maria Cristina Rizza del Tribunale di Reggio Calabria a venti imputati che hanno scelto il giudizio abbreviato per beneficiare della riduzione di un terzo della pena. Poco meno di due secoli di carcere per venti imputati.

Venti anni la condanna più pesante, inflitta al 28enne baby capo della cosca Molè attiva nella Piana di Gioia Tauro, una delle principali famiglie di ’ndrangheta calabrese, assieme alle ’ndrine Gallace di Guardavalle e Pesce-Belloco anch'esse operanti a Gioia Tauro. Altri sette imputati sono stati condannati a pene fra i 10 e i 19 anni. Quanto basta per capire che la gup è andata giù pesante, così come peraltro è stato a Milano e a Como, anche perché i reati contestati, in tutte le aule di Tribunale, sono di estrema gravità così come quelli per i quali il prossimo 1° febbraio venti imputati dovranno presentarsi davanti al gup questa volta di Catanzaro chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio.

L'accusa, per questo filone, che è quello toscano, poi trasferito in Catanzaro, regione in cui si è generata la vicenda, è associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cinque tonnellate di cocaina, arrivate al porto di Livorno), con l'aggravante mafiosa, al possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, al favoreggiamento personale e alla corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio. Un'udienza quella di inizio febbraio che dovrebbe fare chiarezza su ruolo e responsabilità del 44enne calabrese, residente a Guardavella, presunto ’ndranghetista, arrestato nel novembre 2021 a Lugano dove risiedeva da anni con regolare permesso di soggiorno, cameriere in un bar, a lungo gestito da un 60enne milanese, pure lui arrestato e uscito dal processo dopo aver patteggiato in Tribunale a Firenze una condanna a due anni di reclusione. Secondo le ipotesi di accusa il 44enne di Guardavilla, legato alla locale cosca dei Gallace, avrebbe svolto il ruolo di committente, gestendo in Italia dal Sudamerica, l'importazione della cocaina sulla scorta dei propri contatti con i cartelli sudamericani, demandando a un 63enne siciliano, residente a Casorezzo (Milano) l'attività di coordinamento tra i vari sodali incaricati di recuperare la droga.