I 34 imputati alla sbarra hanno scelto il rito abbreviato per beneficiare della riduzione di un terzo della pena. Due arresti avvenuti a Lugano.
Quasi quattrocento anni di carcere. È la richiesta di condanna nei confronti di 34 imputati arrestati lo scorso anno nell’ambito della operazione "Cavalli di Razza" – oltre cento arrestati, una sessantina dei quali tra la provincia di Como e la Svizzera, di cui due a Lugano – accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata al traffico internazionale di cocaina (diverse tonnellate di droga arrivata dal Sud America nel porto di Livorno) e di armi. A questo si aggiunge l’accusa di riciclaggio d’ingenti somme di denaro, bancarotta fraudolenta, estorsione con modalità mafiosa e frode fiscale.
Le pesanti richieste di condanna sono giunte in sede di udienza nei confronti dei 34 imputati che hanno scelto il rito abbreviato per beneficiare della riduzione di un terzo della pena nel processo contro la ’ndrangheta in provincia di Como, legata soprattutto alla ’ndrina di Fino Mornasco che ha allungato i suoi tentacoli anche in diversi cantoni svizzeri, fra cui il Canton Ticino. Le richieste di condanna per 388 anni, al termine di due udienza, sono state formulato dal pubblico ministero Pasquale Addesso (con un passato di sostituto a Como) della Direzione distrettuale antimafia di Milano, coordinata dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci. Le condanne chieste dal pm vanno da un minimo di 3 anni e 4 mesi, a un massimo di 20 anni per tre imputati.
Si tratta di un 50enne, detto "Bocconcino", attuale capo della ’ndrina di Fino Mornasco e arrestato in Svizzera; Un 33enne di Bulgarograsso e un 63enne, in carcere perché condannato all’ergastolo per l’omicidio al bar Arcobaleno di Bulgorello. Il reato associativo era stato invocato in totale per quindici imputati, nell’ambito di un procedimento che era vastissimo e che aveva finito con l’incrociare ulteriori due inchieste delle Dda di Reggio Calabria e di Firenze. Ed è nell’ambito del filone toscano che sono stati arrestati a Lugano i due presunti ’ndranghetisti legati alla cosca Molè. Uno dei due arrestati in Ticino, per l’accusa, sarebbe ai vertici del traffico di cocaina che in quantità industriale arrivava nel porto di Livorno, scelto in alternativa a quello di Gioia Tauro, non più sicuro per i trafficanti.
Nel corso della requisitoria l’accusa ha posto l’accento sul fatto che la ’ndrangheta guardi al futuro, allargando i propri interessi fino ad affiancare al business storico – droga, armi ed estorsioni – una nuova anima "imprenditoriale". E in questo il Comasco è stato palcoscenico privilegiato della mutazione, sia con la maxi inchiesta sulle finte cooperative (fatte nascere e morire in pochi anni per lucrare sull’evasione), società dedite soprattutto ad attività di facchinaggio, di pulizia e di trasporti, sia con le estorsioni anche nei confronti di aziende importanti del territorio. La parola passa ora alla difesa. La sentenza è attesa entro la fine di ottobre.