L’ex sindaco di Stresa: ‘In Italia la Gestione governativa opera sul Verbano in barba all’obbligo di delega del servizio a un’impresa esterna’
Da una vertenza tra Comune di Stresa e Navigazione Lago Maggiore innanzi la Corte dei Conti del Piemonte, riguardante tariffe e concessioni dei motoscafisti privati sul bacino italiano del Lago Maggiore, emergerebbe la concreta possibilità – documenti alla mano – di una mancata ottemperanza del trattato italo-svizzero del 1997 sul servizio di trasporto pubblico di linea del lago Maggiore, laddove lo stesso impone che il servizio venga esercitato da “un’impresa italiana”. Cosa che invece non sembrerebbe avvenire «perché sul Lago Maggiore lo Stato italiano, tramite la Gestione governativa, continua a esercitare il servizio in regime di monopolio» attraverso una legge del 1956 non più in linea con il trattato internazionale del ’97 e la normativa europea sulla concorrenza, come sottolinea l’ex sindaco di Stresa, avvocato Canio Di Milia.
Questo, quando è pendente la mozione al Consiglio federale con cui la deputazione ticinese alle Camere (primo firmatario Bruno Storni) chiede di disdire la Convenzione internazionale e avviare i negoziati per una nuova “che permetta una gestione separata e relativa concessione del bacino svizzero del Lago Maggiore”.
Il tema ha trovato terreno fertile nella difesa del Comune di Stresa in un procedimento intentato dalla Gestione governativa per presunta concorrenza sleale, con tanto di pretesa di risarcimento danni per diversi milioni di euro richiesta agli ex amministratori di Giunta e funzionari del comune di Stresa, fra i quali Di Milia, sindaco fino al 2015.
Avvocato Di Milia, ci ricordi gli antefatti.
Ero in effetti fra gli indagati nel procedimento, che era legato anche a vecchie incomprensioni con la Navigazione. Cos’era successo? Quando ero sindaco introducemmo la tassa di sbarco sulle Isole Borromee; tassa tra l’altro prevista dalla legge e applicata ad esempio a Ischia e a Capri. Ebbene, trovammo un completo muro frontale con la Navigazione, che impugnò i provvedimenti comunali. Nello stesso periodo partì una richiesta della Navigazione al Comune di risarcimento per presunta sleale concorrenza e da qui la segnalazione alla Corte dei Conti per un risarcimento di circa 10 milioni di euro. L’accusa che ci veniva mossa come amministratori era di aver favorito, con il sistema normativo comunale, una presunta concorrenza sleale da parte dei barcaioli o motoscafisti con licenza pubblica (non di linea) di operare sul Lago Maggiore nei confronti del servizio pubblico di linea svolto dalla Navigazione Lago Maggiore. In sostanza la Navigazione contestava al Comune un mancato adeguamento dei regolamenti favorendo l’insorgere di troppe licenze (una quarantina fra Stresa e Lido di Carciano) e un sistema tariffario da determinare una concorrenza sleale nei confronti della Navigazione.
Come avete reagito?
Noi ci siamo difesi nel merito, ma la Corte dei Conti (che ha giurisdizione su eventuali danni erariali cagionati da funzionari pubblici nei confronti degli enti pubblici) pur non entrando nel merito, ha accolto una nostra eccezione di improcedibilità della domanda. Il tema, sottolineato dalla Corte, sarebbe stata la necessità, prima di discutere di danno indiretto provocato dagli amministratori, di accertare separatamente e preventivamente se vi fosse in concreto concorrenza sleale da parte dei motoscafisti. Al di là della improcedibilità, la Corte dei Conti rileva comunque che nessuna causa civile era stata attivata dalla Navigazione e che neppure i vari provvedimenti del Comune su tariffe o licenze erano mai stati impugnati. Senza dimenticare – e lo avevamo fatto notare nelle nostre osservazioni – che il numero di licenze non lo stabilisce il Comune, ma la Provincia. E inoltre, quanto alle tariffe, le stesse ricalcavano lo schema delle tariffe preesistenti quando le stesse, per legge, le stabiliva la Regione Piemonte, semplicemente adeguandole al costo della vita.
Ma la sentenza della Corte dei Conti dice anche altro…
In primo luogo tratta come detto il tema del presunto danno erariale. Tuttavia, in effetti, c’è un punto molto importante in cui la stessa Corte, significativamente, richiama le nostre difese laddove mettevamo in dubbio la concessione a operare sul lago Maggiore da parte della Navigazione quale gestione governativa. Quest’ultima agirebbe infatti, secondo noi, non in conformità della Legge del ’97 sul trattato internazionale italo-svizzero, e meglio della “ratifica ed esecuzione della Convenzione fra l’Italia e la Svizzera per la disciplina della navigazione sul Lago Maggiore e sul Lago di Lugano”, che all’articolo 9 richiede un espresso atto di concessione rilasciato dallo Stato italiano.
Qual è il problema?
La Navigazione (o per essa la Gestione governativa) ci imputa atti di concorrenza sleale quando non è addirittura ben chiaro il quadro
concessorio e la sua qualificazione giuridica. Il fatto che si rivolga alla Corte dei Conti fa presumere essere un ente pubblico – oltretutto monopolista – e in quanto tale incompatibile con qualsiasi discorso di libero mercato. La domanda è: se c’è concorrenza sleale questa deve comunque avvenire tra imprese libere di confrontarsi sul mercato. Cosa che non è. E ancora il tema era: se vi è concorrenza sleale, questa avviene in rapporto a un atto di concessione per operare sul lago con relativo contratto di servizio? Il problema è che questo atto di concessione e contratto di servizio sembrerebbe proprio non esistere, quando invece il trattato internazionale prevede espressamente che il trasporto sul lago debba essere gestito da un’impresa italiana a cui lo Stato italiano dà la concessione per il suo bacino (e noi diciamo oggi previa gara d’appalto in conformità alle norme europee) e la Svizzera, ugualmente, la concede per il proprio (la stessa cosa deve succedere, ma al contrario, sul Lago di Lugano). Chiaramente la concessione deve prevedere necessariamente un contratto di servizio in rapporto al quale, eventualmente, si potrebbe discutere di sleale concorrenza (nel senso che soggetti terzi svolgano illegittimamente servizi che dovrebbe svolgere il titolare della concessione).
Come fa a dire che in Italia non c’è nessun atto di concessione?
Ho fatto richiesta di accesso agli atti al Ministero dei Trasporti, chiedendo di vedere l’atto di concessione in base al trattato internazionale. Ebbene, mi è stato prodotto non l’atto di concessione italiano, ma solo quello svizzero. Da parte italiana quindi mancherebbe l’atto di concessione formale richiesto dall’art. 9 della convenzione, operando ancora la Legge di riferimento istitutiva della Navigazione lago Maggiore del ‘57, che sembrerebbe proprio essere in contrasto con il medesimo trattato internazionale e soprattutto le normative europee, le quali nello specifico escludono – salvo rarissimi casi – la gestione diretta dello Stato di servizi di trasporto pubblico che dovrebbero essere esternalizzati con procedure competitive. Quindi se anche la Corte dei Conti tocca in termini dubitativi il tema del quadro normativo e concessorio, anche se incidentalmente, è il segno della gravità del tema e che lo stesso vada assolutamente chiarito.
Quindi?
Quindi si potrebbe aprire uno scenario importante che potrebbe portare persino all’affermazione, clamorosa, che la Navigazione Lago Maggiore non abbia il titolo per operare in forma del trattato internazionale perché oltre a essere monopolista (cosa di per sé vietata oggi dalla normativa europea), tecnicamente non sarebbe quell’“impresa italiana” prevista dalla Convenzione italo-elvetica cui poter affidare la concessione non potendo essere sufficiente a fornire il titolo di concessionaria automaticamente la vecchia legge istitutiva della Navigazione. Ma fintanto che la Svizzera non solleva il problema in termini di ottemperanza al trattato internazionale da parte dello Stato Italiano, le cose continueranno a rimanere come sono. Certo che sarebbe veramente interessante poter conoscere il parere di tutto ciò e soprattutto sull’esistenza ancora di un monopolio da parte delle autorità sulla libera concorrenza italiana ed europea. Non escludo che sul tema non vengano interpellate.