Carcere a vita per il 53enne tunisino che il 15 settembre 2020 accoltellò il sacerdote. Riconosciuta l’aggravante della premeditazione
Carcere a vita per Mahmoudi Ridha, 53enne tunisino che la mattina del 15 settembre dello scorso anno in piazza San Rocco a Como con 25 coltellate ha ucciso don Roberto Malgesini, il sacerdote degli ultimi. La sentenza di condanna all’ergastolo è stata pronunciata da Valeria Costi, presidente della Corte d’Assise, al termine di una camera di consiglio durata meno di due ore, quasi a voler confermare che nessun dubbio è balenato nei togati, ma soprattutto nei giudici popolari.
Il 53enne marocchino è stato riconosciuto colpevole del reato di omicidio volontario, con l’aggravante della premeditazione. Nessuna attenuante è stata riconosciuta all’assassino. La Corte ha accolto la richiesta, giunta dopo una requisitoria durata un paio d’anni, del pubblico ministero Massimo Astori, che oltre dieci anni fa aveva rappresentato l’accusa anche nel processo per la Strage di Erba, terminato con la condanna all’ergastolo di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Una requisitoria a tratti drammatica. Come quando Astori, ripercorrendo la tragica mattina del 15 settembre dello scorso anno, ha mostrato il video delle telecamere di via Milano che riprendono l’arrivo di Mahmoudi Ridha e il momento in cui con la mano armata di coltello si abbassa sul sacerdote che si apprestava a girare la città per consegnare la colazione ai senzatetto. Forte commozione quando l’accusa ha raccontato del reperto numero 3 recuperato sul luogo del delitto: la croce di legno insanguinata di don Roberto. Il magistrato si è soffermato sulla storia personale dell’assassino, giunto in Italia una trentina di anni fa, dei sei decreti di espulsione (l’ultimo dei quali avrebbe dovuto essere discusso la mattina in cui è stato consumato il delitto). Astori ha poi ribadito come non siamo davanti a una persona incapace d’intendere e volere (tesi ribadita dal difensore in sede di arringa difensiva), ma di un uomo con manie di persecuzione: “L’omicida ha agito sapendo quello che faceva”. L’assassino di don Roberto è stato condannato anche al risarcimento del danno: un euro. Così come aveva chiesto l’avvocato Maurizio Passerini, legale dei fratelli del sacerdote. Un brevissimo intervento, pochi minuti di grande intensità emotiva: “I fratelli di don Roberto si sono costituiti parte civile solo per testimoniare la loro presenza accanto al fratello, per non lasciarlo solo come era stato lasciato da altri nell’esercizio della sua attività”. Parole come pietre. Don Roberto, unitamente ad altri volontari, un paio d’anni fa era stato multato perché portava la colazione ai senzatetto. L’avvocato rivolto all’omicida: “Si risparmi l’odioso progettatore di tale misfatto, le scuse (‘non ho nulla di cui scusarmi, ha ripetuto il marocchino’, ndr): non servono. È già stato perdonato dalla sua vittima, quindi risparmi tutte le sue forze perché dovrà rispondere quanto prima alla sua coscienza”.
La difesa dell’omicida ha già fatto sapere che ricorrerà in appello, sostenendo che il 53enne doveva essere assolto in quanto incapace di intendere e di volere