Confine

Omicidio di don Roberto, i vaneggiamenti dell’imputato

L’uomo ha subito dichiarato che non ha ‘nessuna intenzione di pentirsi’ per ciò che ha fatto

(Ti-Press)
23 settembre 2021
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«Non chiederò mai scusa per la morte di don Roberto, in quanto era un peccatore che non ha voluto aiutarmi ed è per questo motivo che non ho alcuna intenzione di pentirmi per quello che ho fatto». Sono questi i vaneggiamenti del 53enne tunisino, il killer del prete degli ultimi, ucciso il 15 settembre dello scorso anno in piazza San Rocco, nel corso delle dichiarazioni spontanee rese in apertura del processo in Corte d’Assise di Como.

L’omicida, reo confesso, dopo aver chiesto (inutilmente) l’assistenza dell’avvocato Carlo Taormina, l’unico a suo giudizio in grado di difenderlo, ha nuovamente rivendicato il delitto («il prete voleva il mio allontanamento dall’Italia e quando gli ho chiesto di aiutarmi si è rifiutato di farlo», alcuni dei passaggi delle dichiarazioni spontanee a verbale). Insomma, l’omicida è tornato a parlare di un complotto ordito nei suoi confronti da Prefetto, Questore e don Roberto per rimandarlo in Tunisia. L’uomo si è mostrato aggressivo, spesso sopra le righe, nei confronti dei testi che si sono succeduti davanti alla Corte, tanto da essere stato ripetutamente ripreso dalla presidente Valeria Costi con la minaccia di all’allontanarlo dall’aula. Resta da capire se il suo sia stato un tentativo, astuto, di confondere le acque ed evitare la condanna all’ergastolo.

Oltre la metà dei testi dell’accusa sono stati sentiti. Fra loro vi era anche un testimone diretto e oculare del delitto. Un ragazzo che la mattina dell’assassinio di don Roberto ha assistito - a pochi metri di distanza - al tragico fatto di sangue: «Ho visto don Roberto che si teneva la pancia dopo essere stato colpito una prima volta, poi è stato raggiunto da altre coltellate. Cinque o sei in tutto. Don Roberto ha fatto pochi passi ed è caduto. Chi lo ha colpito a morte con il coltello ancora in mano si è subito dileguato».

Ora si torna in aula giovedì 30 settembre. Niente telecamere in quanto non sono state autorizzate dall’imputato (tranne durante la requisitoria del pm Massimo Astori e la lettura della sentenza). Niente video e neppure foto dall’aula.