Scontro sui dati. Secondo Roma, forniti dati errati dalla Regione, che con Fontana ribatte: dati corretti, l'Istituto superiore sanità ha sovrastimato l'Rt
La Lombardia passa da domenica in zona arancione (insieme alla Sardegna) dopo che un 'errore' nel calcolo dell'Rt la settimana scorsa aveva fatto scattare le misure più restrittive previste per la zona rossa. Ed è scambio di accuse tra la Regione e il Governo su chi debba assumersi la responsabilità della valutazione errata, che ha imposto la chiusura per una settimana dei negozi e il divieto di spostamento anche all'interno dei comuni. "Abbiamo sempre fornito informazioni corrette, puntuali e precise, a Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia", attacca il presidente Attilio Fontana al quale replicano ministero e Istituto superiore di Sanità: è stata la Regione a inviare i dati che la collocano in zona rossa e che poi lei stessa ha rettificato, cambiando il numero dei soggetti sintomatici notificati.
Il dato 'incriminato' su cui si consuma lo scontro riguarda l'Rt ed è quello del monitoraggio relativo alla settimana dal 4 al 10 gennaio, aggiornato al 13, quindi 48 ore prima della riunione della cabina di regia che ha decretato la zona rossa. Nel documento si riporta che "due Regioni e province autonome (Bolzano e Lombardia) hanno un Rt puntuale maggiore di 1,25 anche nel limite inferiore, compatibile quindi con uno scenario di tipo 3". La Lombardia, in particolare, aveva un Rt 1.4 - con un valore inferiore di 1.38 e un valore massimo di 1.43 - e una classificazione complessiva del rischio alta. Numeri che, in base ai parametri introdotti con il decreto del 13 gennaio, fanno scattare automaticamente la zona rossa. Secondo la Lombardia, però, quel numero è frutto di una "sovrastima da parte dell'Istituto superiore di Sanità" dovuta a un errore di valutazione: i tecnici della Cabina di regia non avrebbero tenuto conto della circolare del 12 ottobre firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza con la quale si è stabilito che per dichiarare guarito un paziente basta un solo tampone molecolare e non più due. E non avrebbero tenuto conto della "distonia" tra il dato relativo all'Rt e tutti gli altri indicatori, evidenziata già venerdì scorso dalla Regione.
Ricostruzione che Matteo Salvini usa per chiedere conto all'esecutivo. "Se 10 milioni di cittadini lombardi sono stati rinchiusi in casa in base a dati e valutazioni sbagliate del governo - dice il leader della Lega - saremmo di fronte a danni morali ed economici enormi, chi ha sbagliato paghi". Fonti del ministero della Salute e lo stesso Iss fanno però notare che quegli stessi dati, una volta analizzati dalla cabina di regia, sono stati "ripetutamente validati dalla stessa Regione". Ed è stata sempre la Lombardia a rettificarli. Come, lo spiega l'Iss in una relazione. Il 20 gennaio la Regione ha comunicato una rettifica del numero di casi sintomatici, che sono gli unici che rientrano nel calcolo dell'Rt. E questo ha comportato che dai 14.180 casi con data di inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre che avevano i criteri per essere confermati come sintomatici indicati dalla Lombardia il 13 gennaio, la settimana dopo, il 20 gennaio, si è passati a 4.918. Cosi l'Rt è passato da 1.4 a 0.88, con la regione che resta "a rischio alto ma in presenza di uno scenario di trasmissione compatibile con uno scenario 1".
Le polemiche probabilmente proseguiranno anche nei prossimi giorni e non è affatto escluso che piovano ricorsi e richieste d'indennizzo. "Un errore come questo - dice non a caso il vice ministro dello Sviluppo Economico ed esponente di punta dei Cinquestelle lombardi Stefano Buffagni - è costato caro alle nostre partite Iva, ai nostri negozianti e ai nostri professionisti". Di certo c'è però un fatto e lo ha confermato anche l'Iss parlando di "rivalutazione del monitoraggio alla luce della rettifica" dei dati: la Lombardia, da domenica, sarà in arancione. Speranza firmerà l'ordinanza nelle prossime ore, così come per la Sardegna, che ha un Rt a 0,95 e un rischio alto. Ennesima regione che abbandona il giallo, la zona con le restrizioni minori, in cui rimangono ormai solo Basilicata, Campania, Molise, Toscana e provincia di Trento.