Il ministro dell'Interno italiano Luciana Lamorgese ha tracciato il curriculum del presunto omicida. ‘Non è mai emerso come figura pericolosa’
“Un omicidio quello di don Roberto Malgesini, ma nessuno collegamento con l'eversione islamica” e l'assassino “non è mai emerso come figura pericolosa”. È quanto sostenuto dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese davanti ai parlamentari della Commissione Schengen. Nel ricostruire il curriculum del presunto omicida, il capo del Viminale ha escluso che il nome del 53enne tunisino fosse già stato segnalato in precedenza alle forze dell'ordine. Le parole del ministro, sollecitate dagli stessi componenti della commissione parlamentare, pongono fine anche a una ridda di indiscrezioni e speculazioni sul fatto che il presunto omicida, di fede musulmana, avesse voluto uccidere un prete per motivi religiosi.
Indiscrezioni che erano già state stroncate sul nascere dal magistrato inquirente, Massimo Astori, alcune ore dopo l’assassino di don Roberto quando, negli uffici della squadra mobile, lo stesso magistrato ha chiesto espressamente al presunto omicida se il delitto potesse avere connotati eversivi: “L’ho ucciso non perché era un prete – la risposta del magrebino – ma perché mi ha tradito e faceva parte di un complotto contro di me per farmi rimpatriare in Tunisia”. Complottisti per il presunto omicidio lo erano anche il prefetto, il questore, i giudici, gli avvocati (due gemelli che il 53enne aveva cercato il giorno prima del delitto senza riuscire a trovarli) e il sacerdote degli ultimi, che sapeva dove trovarlo: in piazza San Rocco, poco distante dalla chiesa. Nell'interrogatorio in Questura il presunto omicida aveva chiarito: “Sì, sono di fede musulmana, ma non sono praticante: contrariamente a quanto indica la mia religione bevo alcolici”. Circostanza ben nota ai volontari che nel corso degli anni lo hanno aiutato.