A dodici anni di distanza si torna a parlare dell'omicidio. L'ex netturbino sui rapporti con la moglie: 'Non è vero che siamo in crisi'
“Penso che riusciremo ad uscire, non credo che morirò in carcere”. Lo afferma convinto Olindo Romano, condannato in via definitiva con la moglie Rosa Bazzi per aver ucciso ad Erba, l’11 dicembre 2006, Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e Valeria Cherubini e per aver ferito gravemente Mario Frigerio.
Si torna a parlare della 'strage di Erba', il più grave fatto di sangue compiuto in Italia dal dopoguerra, che emotivamente ha coinvolto l'intero Paese. Una ferita che a distanza di oltre 12 anni non sembra essersi rimarginata, e che continua a suscitare interesse. La conferma è il fatto che torna sotto i riflettori. È accaduto qualche sera fa in occasione della trasmissione 'Quarto Grado' (Retequattro), condotta dal giornalista Gianluca Nuzzi, autore di numerosi libri d'inchiesta, fra cui alcuni sul Vaticano.
L'ex netturbino che in carcere si sta laureando in filosofia ha risposto a tutte le domande di Nuzzi. A volte è apparso lucido, in altre decisamente confuso: non ha mai fornito una versione dei fatti diversa da quella attestata da tre gradi di giudizio. “Chiedo ai giudici di andare in profondità – ha detto –. Di preciso non saprei dire quale sia la chiave. Però penso che bisognerebbe partire dall’analisi dei reperti rimasti”. Perché gli italiani dovrebbero credere che lei e sua moglie avete subito un’ingiustizia? Olindo: “È un po’ difficile da spiegare. Comunque, basta andare a rivedere tutti i fascicoli e vedere come si è svolta la storia e si capisce”. Ancora una volta Romano, condannato all'ergastolo, con sentenza passata in giudicato, torna a ripetere: “Sia io che Rosa abbiamo confessato in quanto manipolati dagli inquirenti, che hanno fatto la stessa anche con Mario Frigerio”.
L'unica novità raccontata dall'ex netturbino è quando parla anche dei rapporti con la moglie: “Abbiamo avuto sempre il solito colloquio da un’ora. Non è vero che siamo in crisi e che abbiamo litigato, siamo ancora insieme. Siamo legati dall’amore”. E, insieme, sperano di uscire dal carcere. Olindo: “I giudici che ci hanno condannato sono rimasti sempre in superficie, senza andare a scavare in fondo. Ogni giudice seguiva l’altro. Quindi quello che mi auguro è trovare un giudice che si metta lì e ricominci tutto da capo. Vorrei un colpo di fortuna”.
Sulla strage di Erba, nel corso degli anni, si sono chinati 98 giudici. Un record per la giustizia italiana. Quasi cento giudici le cui conclusioni sono state convergenti.