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Il muro dei chewing-gum e l’invenzione del motel

San Luis Obispo, a metà strada tra San Francisco e Los Angeles, sembra una quieta città di provincia, eppure è tra le più pericolose degli Stati Uniti

Il mercato del giovedì a San Luis Obispo, che si tiene da più di 40 anni
(Slo County)
25 marzo 2024
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San Luis Obispo è una storia che più americana non si può, sorretta da un muro di chewing-gum e da un motel, il primo tra tutti i motel del mondo, costruito proprio qui, e non per caso. San Luis Obispo è infatti a metà strada tra le due città-simbolo della California: quattro ore a sud c’è Los Angeles, più o meno alla stessa distanza, direzione nord-ovest c’è San Francisco; andando verso nord-est c’è il Sequoia Park, tra i più visitati del Paese. L’incrocio perfetto, in un posto che si è illuso di essere perfetto davvero quando nel 2008, nel salotto-tv più americano di inizio millennio, quello di Oprah Winfrey, San Luis Obispo venne incoronata “Città più felice d’America”. Un titolo che, a onor del vero, il sito web della contea sbandiera, sì, ma ammettendo anche di averlo vinto senza capire bene il perché.


R. Scarcella
Verso San Luis Obispo

Anima pistolera

Fondata dagli spagnoli e ancora oggi circondata da nomi che potrebbero essere su una mappa messicana (Los Osos, Paso Robles, Arroyo Grande, Pozo, Atascadero…), San Luis Obispo era pura frontiera, era Far West, a tal punto che alla fine del XIX secolo venne soprannominata Barrio del Tigre per l’alto numero di furti, scorrerie e omicidi brutali che venivano commessi.

Oltre cent’anni dopo, rieccolo il Far West formato 2.0, ricreato in quel modo schizofrenico che sembra ormai il tratto distintivo della California: perché qui vanno a braccetto il disagio profondo e il benessere, una percentuale di crimini elevatissima (ben il 96% delle città americane è considerato un luogo più sicuro) e l’arrivo di ricchi stanchi di Los Angeles e San Francisco che hanno gonfiato il mercato immobiliare facendo sì che le case costassero troppo per tutti gli altri: meno di un residente su cinque può infatti permettersi di comprarsi una casa o pagare un affitto.


R. Scarcella
Il teatro di San Luis Obispo

Tra i crimini più comuni c’è il furto di auto, ma quando parcheggio davanti al mio motel, scelto a caso, basandomi sulle insegne, non lo so ancora. Anzi, il padrone del motel minimizzerà i rischi per l’auto e anche per me nella passeggiata di un quarto d’ora che mi separa da Higuera Street, via dello struscio dove tutti i giovedì si tiene un mercato di prodotti tipici, dove puoi bere, mangiare e comprare di tutto.

Passeggiare di sera per Higuera Street è un’altra cosa talmente americana che mi pare di averla vissuta mille volte davanti a uno schermo tv: un po’ American Graffiti nei suoi richiami più retrò (le vecchie Cadillac parcheggiate, la fila per sfidare il toro meccanico, lo zucchero filato) e un po’ Dawson’s Creek, con i baci tra teenager, le nonne che vendono pie e carrot cake, i ragazzi di città che provano a rifilarti una birra artigianale e quelli di campagna con il miele biologico in bella mostra. C’è musica – mai troppo forte – e gente che balla senza rubare la scena al contesto, c’è il poliziotto che conosce tutti e tutti conoscono e il chiacchierone vestito in modo bizzarro che si ferma a ogni banchetto e prova – spesso riuscendoci anche – a scroccare qua e là assaggi che per gli altri sono a pagamento. C’è il negozio di chitarre con dentro uno che sembra uscito da un casting per venditori di chitarre, e lo stesso per il mercante di vini e quello di salsicce, oltre che per l’hippie che non si sa cosa ti stia vendendo davvero se non la sua immagine, il suo passato lisergico con i Grateful Dead o i Jefferson Airplane.


Wikipedia
Bubblegum Alley, muri pieni di gomme da masticare

San Luis Obispo però ha un grande pregio: passeggiare per la città, in mezzo alle bancarelle e in una serata dal clima perfetto, ti fa sentire leggero e in pace col mondo. Immerso dentro la sua gente ondeggio tra un’America che non c’è più e una che rimane aggrappata fieramente all’immagine che ha di sé stessa a dispetto di tutto.

In uno dei vicoli allineati attorno alla via principale c’è Bubblegum Alley, una stradina di pochi metri i cui muri sono completamente ricoperti di gomme da masticare: non si sa bene quando e come sia iniziata questa tradizione poco igienica, forse una sfida tra due scuole. Tant’è che ormai è un’attrazione turistica, una stranezza di cui vantarsi, una di quelle risposte buone in un quiz sulle curiosità a stelle e strisce. E non l’unica: nel 1990, infatti, San Luis Obispo è stata la prima città a bandire il fumo da tutti i luoghi pubblici.


R. Scarcella
‘Chiedi a un ateo’, San Luis Obispo Edition

Un letto per Marilyn

Il primo motel d’America (e quindi il primo motel al mondo) invece non c’è più, lo hanno chiuso nel 1991. Il suo nome era Motel Inn, ma prima ancora si chiamava Milestone Mo-Tel, diviso da un trattino e due volte maiuscolo: Mo stava per “motor” e Tel per “hotel”. Lo avevano aperto il 12 dicembre 1925 su intuizione dell’architetto Arthur D. Heineman, uno che aveva capito che le strade erano sempre più piene di auto che volevano andare da qualche parte: una stanza costava un dollaro e 25 centesimi (meno di 20 franchi al cambio attuale). Nel prezzo erano compresi parcheggio, piscina e colazione. Tra gli ospiti del Mo-Tel ci furono anche Marilyn Monroe e il campione di baseball Joe Di Maggio, che dormirono una notte a San Luis Obispo durante il viaggio di nozze.

Insomma, ne è passata di America da qua. Quando rientro verso il mio anonimo motel – senza incontrare anima viva, a parte un gruppetto di ragazzetti ubriachi – non so ancora che stando ai dati dell’Fbi (rielaborati da NeighborhoodScout) ho una probabilità su 24 di subire un borseggio o il furto dell’auto, una su 170 di essere vittima di un crimine violento o a mano armata. Per fare un paio di paragoni, a Chicago il rischio è più basso: 1 su 188. A San Diego ancora minore: 1 su 225. Tutto sommato, meglio averlo saputo dopo.


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Una cartolina degli anni Quaranta del Motel Inn, il primo della storia

Il fantasma di Bakersfield

Quando riscenderò dal Sequoia Park per un’altra strada, il caso mi porterà a passare la notte in un motel di Bakersfield, il tipo di città dove è facile scommettere che nessuno abbia mai inventato nulla e al cui cospetto San Luis Obispo sembra Miami. Una cameriera messicana incuriosita mi chiede di dove sono – e sorride –, da dove arrivo – e sorride –, dove vado – e sorride –. Dove alloggio, e quando rispondo non sorride più: “Hanno ammazzato un tizio la settimana scorsa in quel motel”. Controllo su internet, è vero. Al piano sopra al mio.

Nella tetra Bakersfield, la probabilità di rimanere vittima di un crimine violento è una su 179. Non c’è che dire, San Luis Obispo nasconde bene, tra le sue generose bancarelle da telefilm, lo spirito western sopravvissuto alla gentrificazione.


R. Scarcella
Il Generale Sherman, mitico albero del Sequoia Park