laR+ Spettacoli

Osi in Auditorio, ricordando il Posto delle fragole

L’Orchestra della Svizzera italiana, diretta da Holly Hyun Choe con solista il clarinettista Corrado Giuffredi, in un concerto coinvolgente

Corrado Giuffredi
(Osi/F. Fratoni)
31 gennaio 2025
|

Confesso l’imbarazzo di vecchio melomane nello scoprire il nome di Britta Byström, compositrice svedese con all’attivo una già cospicua produzione. Poi lo stupore di chi abita al sud delle Alpi per il fascino della “stagion che il mondo foglia e fiora”, che forse è più forte per chi abita in prossimità del circolo polare. Confesso l’imbarazzo: di fronte a un’Orchestra brillante, ambita da strumentisti di tutto il mondo, ma seguita da un pubblico che invecchia, e c’era qualche posto vuoto di troppo anche nel piccolo Auditorio di Besso.

Ho pensato al “Posto delle fragole”, il film capolavoro del regista svedese Ingmar Bergman, che come la grande musica ha il potere di suscitare ricordi della vita passata, rimpianti per le occasioni perdute di un’esistenza migliore, cullare i propri sogni e ogni tanto fare una visita alla realtà.

Ha diretto giovedì sera Holly Hyun Choe, giovane musicista sudcoreana, nata in California, dove ha iniziato gli studi, adesso molto impegnata nel vecchio continente, anche in Svizzera, che ha aperto il programma con ‘A Drama in the Air’ di Byström: una breve composizione che vorrebbe evocare un difficile viaggio in mongolfiera e mi pare invece descriva una “primavera che brilla nell’aria e per li campi esulta”.

Il clarinettista Corrado Giuffredi, solista della serata, ha presentato la Sonata per clarinetto e pianoforte op. 120 n.1 di Brahms, nella trascrizione per orchestra di Luciano Berio. Come l’antica Cornelia, madre dei Gracchi, che esibiva i figli come unici suoi gioielli, l’Orchestra della Svizzera italiana potrebbe esibire le sue prime parti, che trova sceltissime con incredibile facilità. Applausi travolgenti e inevitabile fuori programma per Giuffredi. Un brano troppo celebre di Gershwin, accompagnato al pianoforte da Roberto Arosio.

Nella seconda parte del concerto un viaggio verso l’Est europeo. Dapprima in Estonia per il troppo eseguito ‘Fratres’ dell’ormai novantenne Arvo Pärt, poi in Russia per la Sinfonia da camera per archi, tratta dal Quartetto n. 8 di Dmitri Shostakovich. Amo questo quartetto in cinque tempi, ma non ricordavo la trascrizione per orchestra, fatta nel 1967, con Shostakovich ancora in vita. L’interpretazione dei ventinove archi dell’Orchestra, meriterebbero di essere citati tutti, è stata di una bellezza sconvolgente. Non so dire quanto le dimensioni dell’Auditorio, la qualità degli ascoltatori, l’ora del tempo o la dolce stagione fossero in gioco… avevo perso la memoria di un ascolto tanto coinvolgente.