laR+ sulle croisette

Ma quanto sono lunghi questi film!

In Concorso a Cannes tre film eccessivamente abbondanti nei tempi ma non necessariamente nel talento. E Fuori concorso il logorroico Kevin Costner

Celeste Dalla Porta, Paolo Sorrentino e Stefania Sandrelli
(keystone)
22 maggio 2024
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Questo Festival, se ce ne fosse ancora bisogno, ha mostrato il peso delle lunghezze dei film che vengono generalmente presentati – volgarmente si potrebbe dire che allungano il brodo fino a renderlo senza sapore. Bisognerebbe capire se si tratta di incapacità di raccontare oppure di tempi richiesti dai vari committenti per condirli con pubblicità ripetute, meteo e notizie inutili. Se fosse vero, vorrebbe dire che a nessuno interessa il cinema. Non dimentichiamo che il leggendario John Ford riteneva i 90 minuti il tempo massimo per accontentare lo spettatore e non tediarlo. Lui stesso però talvolta trasgredì con un capolavoro come ‘The Quiet Man’ del 1952, un film di cui non si po’ tagliare un secondo. Questo non si può dire dei tre film presentati in Concorso, gli attesi ‘Marcello Mio’ di Christophe Honoré, ‘Parthenope’ di Paolo Sorrentino e il sorprendente ‘Anora’ di Sean Baker; ma, soprattutto, Fuori concorso, il logorroico ‘Horizon’ di Kevin Costner, un western manieristico che ha la sfrontatezza di finire con il trailer del secondo capitolo, che forse si vedrà a Venezia. La lunghezza è quella che determina le visioni nelle giornate di festival, limitandole, è un difetto che molti attribuiscono al passaggio dalla costosa pellicola al digitale, ma molto si deve a scelte suicide dei registi, un buon cuoco sa che non deve spingere i commensali al vomito.

Honoré, Sorrentino e il sorprendente Baker

Ci incuriosiva molto il film di Christophe Honoré, ‘Marcello Mio’: pensavamo dal titolo a un omaggio al grande Mastroianni, mentre il regista francese rende omaggio a due delle sue donne, a Catherine Deneuve e alla loro figlia Chiara. Scopriamo Chiara che si veste e trasforma nel padre, rivivendo anche alcuni suoi film, ma soprattutto ritrovando forza dietro la figura paterna, naturalmente litigando per questo con la madre; a tirare i fili della vicenda è un magnifico Fabrice Luchini. Ognuno nel film interpreta sé stesso ed è questa la forza che anima un’opera che degnamente onora il centenario della nascita del grande Marcello, celebrando ancora il mito di recitare.

Da ‘Le conseguenze dell’amore’ (2004) a ‘Il divo’ (Premio della giuria nel 2008) e ‘This Must be the Place’ (2011) passando per ‘La grande bellezza’ (2013) e ‘Youth’ nel 2015, Paolo Sorrentino arriva con ‘Parthenope’ al suo settimo lungometraggio in Concorso. Autoreferenziale, più degli altri suoi film, ‘Parthenope’ non è un messaggio d’amore alla sua città, come continua a spiegare nelle interviste, ma una noiosa masturbazione sul suo misogino fare cinema. È un’accozzaglia di pavide idee che mettono insieme il suicidio, il dolore per l’handicap, la gioia popolare che circonda il mondo camorristico, la brama sessuale del clero, l’immaturità della protagonista Celeste Dalla Porta, di una vuota bellezza accademica incapace di qualsiasi emozione, anche di fronte alla morte del fratello, anche di fronte a una coppia costretta a fare all’amore davanti ai clan schierati per suggellare i loro patti, anche spogliandosi, vestendo i gioielli del tesoro di San Gennaro e facendo l’amore poi con un laido cardinale. Il film diventa poi ridicolo quando ci mostra la protagonista invecchiata e amata professoressa di antropologia. Alla proiezione stampa c’è stato un fuggi fuggi inquietante. Ma il film trova anche i suoi estimatori in chi al cinema cerca la banalità, e ai mercatini le vecchie fotografie ingiallite, come le canzoni che accompagnano la pellicola.

Su un altro pianeta si muove invece il terzo film in competizione, ‘Anora’: una commedia femminista firmata da Sean Baker. Leggendo la sinossi si poteva pensare a un film come “Pretty Woman”, ma indagando sul regista abbiamo scoperto come Baker si è fatto una reputazione per aver ritratto emarginati e personaggi di subculture sottorappresentate ed emarginate, spesso immigrati senza documenti e lavoratori del sesso, in scenari decisamente umani e compassionevoli. È poi stato descritto come l'archetipo di un “regista maschio affidabile” in un'epoca post Me Too. Di più i suoi film hanno sempre suscitato e incoraggiato un dibattito sulla moralità sessuale. Abbiamo così affrontato i 139 minuti del film con grande curiosità e se la trama è quella di una lavoratrice del sesso di cui si innamora perdutamente il figlio di un magnate russo, il quale non vuole certamente avere una puttana come nuora, a determinare il film è una forte dose di umorismo trash nella sua narrazione. ‘Anora’ è la storia di un personaggio femminile furiosamente cazzuto e del suo tentativo di distaccarsi dalla propria classe proletaria, ostacolato dalla vigliaccheria degli uomini.

L'interminabile western di Kevin Costner

‘Horizon: An American Saga, Chapter 1’ è la prima parte di un film western epico in quattro parti, co-scritto con Jon Baird, prodotto, diretto e interpretato da Kevin Costner. E se questo dura oltre tre ore, immaginiamo a cosa punta questo ‘Heimat’ a stelle e strisce: a dare una storia a un Paese senza storia. Vediamo carovane che vanno alla conquista dei territori del West, il regista indugiare in un drammatico attacco degli Apache a un accampamento di intraprendenti coloni che si impadronivano solo del loro territorio. Qualcuno ha notato una somiglianza tra attacco e reazione che giustifica quanto sta succedendo a Gaza e dintorni, ma non era nelle intenzioni di Costner. Uno spazio importante è dato alle figure femminili di entrambi i popoli, ma tutto non assume mai il peso di una riflessione critica: si resta in superficie, in fondo è solo un western lungo, lunghissimo, troppo. E ci sono altre tre parti!