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La Crus: rosso, al bicchiere

Sono tornati, nel rispetto della formula che li ha resi famosi, l’insieme canzone d’autore + musica lunare. Li abbiamo incontrati e ascoltati

Giovedì scorso allo Stelio Molo per gli showcase Rsi
(laRegione)
30 marzo 2024
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I La Crus sono tornati allo Stelio Molo. Disco nuovo, uscito qualche giorno fa, seconda data del loro tour, pronti a inocularci la miscela che da sempre li contraddistingue, quell’incrocio fra canzone d’autore e musica lunare, che da Bristol fece capolino 30 anni fa, proprio quando i nostri mossero i primi passi a Milano. La formazione vede, oltre a ‘Joe’ Giovanardi e Cesare Malfatti il batterista Leziero Rescigno, il bassista Marco Carusino e la tastierista Chiara Castello.

Il concerto

Un applauso scrosciante ad accoglierli nella prima chiacchierata con Gian Luca Verga, tirando i fili di passato e presente. Poi si fa l’ora di suonare. Entrano i musicisti e si attacca ‘La pioggia’, apertura del disco, perfetta in questo umido inizio di primavera. Le pelli picchiate da Leziero, la voce di Chiara, il twang della chitarra di Cesare e la ritmica di Marco. Tutto perfetto, affinché la voce del frontman, jeans neri, occhiali neri, giacca in pelle, possa esprimersi e ballare come un serpente bagnato sulle note. Quando parte ‘Shitstorm’ si capisce fin dalle prime battute come sia destinata a diventare uno dei futuri classici dei La Crus: diretta, suadente, pungente nella sua ‘Poletica’, neologismo da loro creato per i brani dell’album insieme poetici, politici, etici. Poi un’armonica, quelle note, ed è un rituffarsi in ‘Come ogni volta’, seguendo i labiali di chi al tempo c’era (sono passati comunque 27 anni, dato da non sottovalutare) e ancora c’è e canta. ‘Nera Signora’ con una chitarra magica, accorgendosi brano dopo brano di quanto classici siano diventati, bellezze fuori dal tempo. ‘Mangia dormi lavora ripeti’, come i criceti su una ruota, stritolati da una società definitivamente alienante e devastante.

Le voci sono quattro, all’unisono, a catapultarci in un muro di suono. Joe ricorda il loro primo concerto con gli archi in questo stesso Auditorium, Natale 1998 con ‘Dietro la curva del cuore’, dedicando al pubblico presente ‘Natale a Milano’ di Dany Greggio. Si toglie gli occhiali, guardandoci per un secondo, immergendoci in una cartolina sbiadita e declinando il testo alla città che così spesso li ha ospitati. Parte ‘La Rivoluzione’, orfana delle urla di Vasco Brondi (sostituito alla grande da Chiara e Marco) e dell’inciso di Slavoj Žižek; “La Rivoluzione non passa di qui ed è un’altra volta venerdì/ la rivoluzione non passa di qui il mondo lo cambiano lunedì”.

Rimasti soli, Joe e Cesare ci riportano dai Detonazione, poesia furlana che nel 1986 urlava sulla storica Ira (tra un Litfiba e un Neon) con la voce di Bruno Romani. È una ‘Dentro me’ da brividi e da lacrime insieme, chitarra, voce e armonica a bocca, non serve altro. Rientrati i sodali c’è spazio per ‘Come una nube che va’, uno degli inediti presenti nel loro disco d’addio, quel ‘Io non credevo che questa sera’ che segnò il loro stop. Spunta Oscar Wilde nella torbida ‘Io Confesso’, imperfetta e bellissima, che fa letteralmente esplodere gli applausi dell’auditorium.

Poi la title track dell’ultimo disco, che partendo da un’installazione di Jenny Holzer scivola cantando il giogo di un lavoro, di una vita nel quale ci manca solamente il tempo, per un’incredibile esibizione vocale di Chiara Castello. ‘Io non ho inventato la felicità’, ‘L’illogica Allegria’, sempre più in profondità, fino all’inconfondibile fischio che introduce ‘Il Vino’ di Piero Ciampi. Talmente bello da non aver più bisogno di un seguito. Joe la canta, la ferma, partono il battimani dal pubblico e i cori, poi la riprende, per il perfetto finale di un bellissimo nuovo inizio.

L’intervista

Cesare Malfatti, un ritorno dal vivo in Svizzera, nuovo tour e nuovo disco dopo quasi 30 anni: come stanno i La Crus?

Bene! C’è tanto piacere di suonare dopo tanto tempo e il piacere di ritornare con un nuovo lavoro. Con i dischi siamo stati fermi per 19 anni, poi Sanremo nel 2011, un nuovo stop e un ritorno a teatro tra il 2018 e il 2019. Da lì un amico fonico ci disse che aveva sentito un’esigenza di ritorno a certe musicalità nel pubblico… Joe e io eravamo attivi ma non avevamo più fatto nulla. Abbiamo iniziato a lavorare al disco proprio in occasione del lockdown, iniziando con una cena due giorni prima della chiusura. Un anno e mezzo creando, poi ci siamo arenati per divergenze su come chiudere i pezzi. Mescal, la nostra vecchia etichetta, ci stimolò a chiudere il disco, introducendo un produttore che concretizzasse le nostre idee e così è stato con Matteo Portaluppi.

E com’è andato il disco? Ci siete riusciti? Ne siete felici?

Sì, lui è stato molto bravo a individuare quei due o tre pezzi più radiofonici, dando loro molta più potenza, arricchendo invece quelli più intimi e sperimentali dandogli splendore.

Il vostro pubblico, anagraficamente, è cresciuto con voi o c’è stato un cambio generazionale?

Non lo so, lo vedremo, ma credo ci sia molto un pubblico nostro che torna a vedere ciò che è stato, capita poi che si aggiungano i figli di amici e ascoltatori. È successo nel 2018, erano contenti e sentivano il nostro suono come fosse nuovo e attuale, interessante anche alle loro orecchie.

Come sta la musica italiana oggi? Che ne pensate vivendola?

C’è sempre molto a voglia di fare musica e c’è un buon livello… la difficoltà è continuare, con artisti dotati che fanno fatica a suonare. Io ho apprezzato molto Daniela Pes e Iosonouncane, anche Cosmo. Ci sono molte cose belle e tantissima musica. Il bello è che si continua a farla, anche se con molta difficoltà rispetto a quando abbiamo iniziato noi, che viverci era molto più facile. Mi spiace, la musica è importante e vedere le nuove generazioni in difficoltà non è bello.

Come La Crus avete avuto nelle cover un marchio distintivo, scoprii Ciampi e Tenco grazie a voi 30 anni fa. Se qualcuno oggi dovesse rifare i La Crus, chi potrebbe essere?

Oddio… non saprei! Beh, ricordo che Cosmo rifece alcune cose dei Subsonica, comunque un gruppo della nostra generazione. Mi piace molto, mi piace il suo modo di fare musica e ne sarei molto orgoglioso!