‘I maneggi per maritare una figlia’, quelli del mite Steva vessato dalla moglie Giggia, a Locarno il 22 e 23 marzo
Genova, anni Cinquanta. Steva è un uomo semplice e mite, vessato dai rimbrotti dell’incalzante moglie Giggia. I due coniugi, non più giovanissimi, sono impegnati nella scrupolosa ricerca di un “buon partito” per maritare la loro unica figlia, Matilde. La selezione genera vortice di intrighi, malintesi, gag, battibecchi e risate, con marito e moglie pronti a fare carte false per garantire all’erede e a tutta la famiglia un futuro di agi e ricchezze.
È il soggetto de ‘I maneggi per maritare una figlia’ di Niccolò Bacigalupo, il 22 e 23 marzo alle 20.30 al Teatro di Locarno, un classico della tradizione dialettale genovese consegnato alla storia dal genio di Gilberto Govi. Questa versione, una mescolanza di genovese e italiano nella versione, è diretta da Tullio Solenghi, che ne cura anche l'adattamento insieme a Margherita Rubino. Solenghi (Steva), è in scena con una genovese come lui, Elisabetta Pozzi, che dal teatro drammatico si sposta in ambiti di commedia per dare vita al personaggio di Giggia. Sul palco anche Roberto Alinghieri, Isabella Maria Loi, Pier Luigi Pasino, Stefania Pepe, Laura Repetto, Matteo Traverso, Aleph Viola.
Complici le scene di Davide Livermore, che in un gioco di bianco e nero riporta lo spettatore al Govi televisivo degli anni Sessanta, quella che va in scena a Locarno è “una sorta di clonazione”, scherza Solenghi nelle note di presentazione dello spettacolo. “Per me quella di Govi è una ‘maschera’ senza tempo, paragonabile a quella di Arlecchino, ed è con questo rispetto e con questa dedizione che mi accingo a interpretarlo. Non esiterei a definirla una sorta di stimolante ‘archeologia teatrale’ che permetta al pubblico odierno, in una sorta di viaggio nel tempo, di rivivere coi ‘Manezzi’ uno dei momenti più esaltanti della più grande personalità teatrale genovese del secolo scorso”.