In molti puntano su ‘Yeohaengjaui pilyo’ (Le esigenze di un viaggiatore) di Hong Sang-soo con Isabelle Huppert, film utile a chi intende studiare cinema
Nella notte si è chiuso il party berlinese del Festival di Locarno, a fare gli onori il direttore artistico Giona Nazzaro e il direttore generale Raphaël Brunschwig. Molti gli ospiti, tutti coinvolti in una serata da discoteca. Tra balli e birre si chiacchierava anche del direttore artistico, che gode di un contratto fino al 2025, ma il pensiero era rivolto al destino di un altro direttore, quello dimissionario di Berlino, Carlo Chatrian, che molti pensano con un futuro al Lido, ma che potrebbe forse in un futuro non remoto tornare a Locarno. È fantacinema?
Intanto in sala è passato un film di cui subito si è parlato come possibile Orso d’Oro: ‘Yeohaengjaui pilyo’ (Le esigenze di un viaggiatore) di Hong Sang-soo con una magnifica e inimitabile Isabelle Huppert. Spieghiamo subito quel “di” riferito a Hong Sang-soo, che non solo è lo sceneggiatore e regista del film, ma anche il direttore della fotografia, del montaggio, della musica e, infine, il produttore; quindi Hong Sang-soo ha in mano l’intero processo del film e come un pittore colora e dà senso alla sua tela. Maria Elena de las Carreras, un’amica che insegna cinema a Los Angeles, ci ha spiegato che film importanti come questo sarebbero necessari a chi intende studiare cinema, anche se non arriveranno mai sui banchi di scuola, ispirati al cinema commerciale. ‘Yeohaengjaui pilyo’ è un film d’autore carico di sensibilità in cui ogni movimento di macchina è lezione, ogni locazione è perfetta, anche in tinta con i vestiti dei vari personaggi. Niente è casuale in questo omaggio al cinema francese storico, storia di una femme de nulle part si ritrova in Giappone, ma dice di venire dalla Francia, per questo – e per il non avere né soldi né mezzi per mantenersi – le è stato consigliato di insegnare il francese. Ha conosciuto anche un giovane, che le si è affezionato nonostante la grande differenza d’età... Isabelle Huppert, non nasconde i suoi splendidi settant’anni, anzi ci gioca con fine ironia e solido umorismo. La recita è stupenda e gli applausi meritati.
Documentari
Applausi anche per il documentario militante ‘Architecton’ Victor Kossakovsky, una meditazione epica, intima e poetica sull’architettura e su come la progettazione e la costruzione di edifici del passato antico rivelino oggi la nostra distruzione, offrendo però anche speranza di sopravvivenza e futuro. Come guida si è scelto il noto designer e architetto italiano Michele De Lucchi, il padre della lampada Tolomeo. Ma il protagonista non è lui bensì la pietra e come l’uomo la consuma scavando le montagne, come la frantuma perché diventi sabbia, come fin dall’antichità è stata utilizzata, il suo ruolo nei terremoti (con riferimento al sisma di inizio 2023 in Turchia) e nella distruzione provocata dalla guerra in Ucraina. Colpiscono le parole che aprono questo grande documentario: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”, tratte da ‘L’aquilone’ di Giovanni Pascoli. Sì, la pietra: in fondo siamo restati e siamo sempre di più uomini della pietra.
Un altro documentario è stato presentato in concorso. È ‘Dahomey’ della interessante regista Mati Diop, che ci costringe ancora una volta a pensare al ruolo dell’arte nel nostro cammino civile e culturale. Il film parte da un evento verificatosi nel novembre del 2021, i 26 tesori reali del Regno del Dahomey che lasciano Parigi per tornare nel loro Paese d’origine, l’attuale Repubblica del Benin, oggetto di saccheggio nel 1892 da parte delle truppe coloniali francesi. La domanda che ci pone la regista è semplice e tremenda: come affrontare il ritorno a casa di questi tesori in un Paese che, culturalmente, ha dovuto andare avanti in loro assenza? Per quanto, parlando di colonialismo, la questione sia la meno dibattuta, lo sguardo della regista è importante e da non dimenticare.
‘Ti amo’
In concorso anche l’interessante ‘Langue Étrangère’ di Claire Burger, un film che mette a confronto due adolescenti, le brave e intense Lilith Grasmug (Fanny) Josefa Heinsius (Lena). Impegnate in uno scambio di famiglie, le due ragazze scoprono la vacuità dei rispettivi nuclei familiari, che incidono sui loro comportamenti. Entrambe hanno problemi con il padre e le sue amanti, o le nuove compagne, Fanny è bullizzata a scuola, Lena è vegetariana per salvare il mondo, ma trovano l’affetto l’una per l’altra e la bellezza, in un mondo sporco, di dire “Ti amo”. Qualcuno ha detto che è un film per adolescenti, forse è un film per chi vuole diventare genitore o lo è già, e i figli soffrono per ogni decisione degli adulti. Una bella lezione.