Orso d'Oro alla regista francese, che ha avuto la meglio su altri due favoriti, il conterraneo Bruno Dumont e il sudcoreano Hong Sang-soo
Al Festival di Berlino l'ha spuntata l'Africa nel suo rapporto difficile e ancora post-coloniale con l'Europa: l'Orso d'Oro della 74esima edizione della Berlinale è stato vinto infatti dal documentario ‘Dahomey’ della regista francese Mati Diop che l'ha spuntata su altri due favoriti: il conterraneo Bruno Dumont e il sudcoreano Hong Sang-soo. L'annuncio è arrivato in una serata di gala connotata da appelli in favore del popolo palestinese sotto attacco israeliano e dall'addio alla Berlinale del suo direttore artistico, Carlo Chatrian.
A vincere dunque è stato il documentario in cui Diop parla di colonizzazione attraverso la storia delle opere d'arte restituite al Benin nel 2021 dopo essere state rubate dai colonizzatori francesi nel 1892, quando il Paese africano fu chiamato Regno del Dahomey. A Sang-soo è andato invece l'Orso d'Argento ‘Grand Jury Prize’ della Berlinale per ‘A Traveller's Need’ con Isabelle Huppert e a Dumont quello della Giuria per il suo ‘L'Empire’, che fa la parodia di Star Wars nel Nord della Francia: una connotazione tutta francese che il regista ha sottolineato facendo parlare un software di traduzione vocale del suo telefonino nel momento di ringraziare la giuria, dato che – ha sostenuto – conosce poco l'inglese.
La giuria guidata dall'attrice, regista, produttrice e autrice di best seller Lupita Nyong'o, keniano-messicana, prima donna afroamericana a svolgere questo ruolo, ha assegnato l'Orso d’Argento per la Migliore Regia al dominicano Nelson Carlos De Los Santos Arias per il film più bizzarro dell'intera Berlinale, ‘Pepe’, incentrato sull'ippopotamo dello zoo privato del re del narcotraffico Pablo Escobar. Il premio per la migliore performance protagonista è andato a Sebastian Stan in ‘Different Man’ e quello per l'interprete non-protagonista a Emily Watson in ‘Small Things Like These’, il film di apertura di Tim Mielants che ha trainato i media esibendo Cillian Murphy, l'attore irlandese di Oppenheimer. Nell'annunciare il premio, Jasmine Trinca – una dei sette componenti della giuria – ha lanciato un appello per una tregua a Gaza dicendo “cease fire now” (fermate il fuoco adesso). Lo slogan era apparso anche in adesivi su vestiti transitati sul tappeto rosso. Con indosso una kefiah, si è presentato sul palco l'americano Ben Russell per ritirare il premio del miglior film della sezione ‘Encounters’ (‘Direct Action’, sulle tecniche di protesta).
Nel secondo anniversario dell'inizio della guerra, un richiamo all'Ucraina è venuto da un'altra giurata, la scrittrice ucraina Oksana Zabuzhko che ha denunciato “la guerra di sterminio” russa. Il film iraniano ‘My Favourite Cake’ della coppia di registi Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, cui le autorità di Teheran hanno confiscato il passaporto e non sono quindi potuti andare a Berlino, ha ricevuto due premi delle giurie indipendenti (‘Chiese’ e ‘Fipresci’).
In questa quinta e ultima edizione del Festival di Berlino firmata dal direttore artistico Carlo Chatrian prima dell'arrivo dell'eclettica statunitense (anche direttrice esecutiva) Tricia Tuttle, sono rimaste senza riconoscimenti le due produzioni italiane in concorso, il dramma fantascientifico ‘Another End’ di Pietro Messina e il film musicale tutto al femminile ‘Gloria!’, opera prima di Margherita Vicario, e le due serie ‘Supersex’ e ‘Dostoevskij’.
Di seguito, l'elenco completo dei premi:
Orso d’Oro: Dahomey di Mati Diop
Orso d’Argento
Premi della giuria internazionale dei cortometraggi:
Premi della giuria Encounters:
GWFF Best First Feature Award: Cu Li Never Cries di Pham Ngoc Lan
Miglior documentario: No Other Land di Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham, Rachel Szor