In sala dal 16 novembre un interessante spaccato dell'odierna Polonia che obbliga alla riflessione su di un futuro apolitico
Presentato al Locarno Film Festival 2023 nella sezione Panorama Suisse, ‘Polish Prayers’ è un documentario risultato dalla collaborazione tra Svizzera e Polonia, nonché opera prima di livello per la giovane regista Hanna Nobis. Un interessante ritratto che si focalizza su ciò che genera l’antitesi politica tra destra e sinistra, riportando il discorso a una maggiore comprensione reciproca tra individui, attraverso la condivisione del proprio pensiero, dei propri sogni, pregi e difetti, impossibili da iscrivere in una singola ideologia, o in un partito. Quattro anni circa di riprese inseguendo il ventiduenne Antek, cresciuto in una famiglia e in un ambiente nazionalista, ultracattolico e conservatore, certo del suo obiettivo di riportare il proprio paese ai valori tradizionali. Lo specchio di un ragazzo bloccato nella dicotomia tra giusto e sbagliato, naturale e innaturale, che progressivamente impara a ragionare autonomamente, abbracciando la diversificazione delle persone e del mondo, quindi abbandonando il giudizio per partito preso. Un film che fa riflettere soprattutto sui giovani, sul bombardamento di informazioni ineluttabile e che genera identità confuse e caotiche, dove niente è certo e ogni dogma risulta un ostacolo alla costruzione di sé.
Antek è membro e tra le figure di spicco di una confraternita legata alle tradizioni polacche, di cui vuole riappropriarsi, in antitesi ai pensieri liberali, soprattutto introdotti dal movimento LGBTQ. Essi vengono percepiti come un pericolo minante i valori della famiglia, del matrimonio e del ruolo naturale dei generi. Estremamente ligio allo studio delle preghiere e della storia, Antek canta ed è portavoce del suo gruppo durante una contromanifestazione alla decima edizione del Gay Pride, esponendo striscioni, slogan errati e omofobi, cose come “omosessualità oggi, pedofilia domani”. In un approccio che, seppure intimidatorio e offensivo, non sfocia in atti di violenza, Antek è una specie di moderno missionario intenzionato a convertire, o riconvertire, i propri connazionali. La sua posizione e le sue verità vacillano dopo una relazione amorosa, finita a causa di divergenze ideologiche, che lo spinge ad ampliare il proprio pensiero, portandolo a comprendere che il suo è un ragionare per automatismi, e perde passo dopo passo la fiducia nel Cristianesimo e quella fede che sembrava incrollabile. Tutto questo porta il ragazzo ad abbracciare un approccio più liberale e a cambiare drasticamente le proprie abitudini: abbandona la confraternita, diventa vegano, esplora il sesso prematrimoniale, la meditazione e l’uso ricreativo di droghe leggere, fino a ritrovarsi in una manifestazione per i diritti delle donne, osservando esponenti dell’estrema destra, cui apparteneva, dal lato opposto.
In ‘Polish Prayers’, un cortocircuito affascinante emerge dalla crescita di un individuo e dalla sua relazione con ciò che lo circonda, rappresentato come un mondo in continua evoluzione e di gargantuesche proporzioni, di una vastità tale da non permettere alcun tipo di evasione e che nasconde pericoli psicologici potenzialmente travolgenti. La saggezza di vedere attraverso l’ideologia proviene dalla bocca della sorellina, che in due parole, con genuinità e semplicità, fa crollare dibattiti di genere e di religione, secondari rispetto al surriscaldamento globale che è invece un problema non solo localizzato, ma mondiale. La trasformazione di Antek avviene attraverso l’amore, che lo induce alla riflessione su di sé, al confronto, oltre che grazie a una volontà ferrea di diventare una persona migliore, per contribuire al meglio nella vita dei propri cari e connazionali. Un film che costringe al dibattito e mostra il confronto tra due fazioni diametralmente opposte, il cui cardine si riduce, come spesso accade, a “noi contro di loro”, bianco o nero, in un mondo che è sempre più nel grigio. Lo scetticismo politico si evince anche dall’esposizione trasparente e onesta, con estremismi di pensiero mostrati da entrambi i lati; le conseguenze della presenza dell’ex Urss si trascinano ancora, ma si sente l’inno al cambiamento, attraverso una rivalutazione dei propri valori cardine e un percorso più concreto verso la comprensione reciproca.