Hardenberger, Chamayou, Gabel sul podio a dirigere l’Osi nei concerti di Schmitt, Shostakovic, Jolivet e Poulenc: lunedì scorso Locarno ha gradito
Lunedì scorso, nell’ambito delle Settimane Musicali di Ascona, l’Orchestra della Svizzera Italiana (Osi) ha suonato nella Chiesa di San Francesco a Locarno. La musica ascoltata andava dal 1933 al 1955. L’Osi ha affrontato magistralmente questo repertorio d’avanguardia francese in linea con il fil rouge del festival. Fabien Gabel dal podio ha diretto i concerti di Schmitt, Shostakovic, Jolivet e la Sinfonietta di Poulenc. Il direttore, trombettista e specialista del repertorio, ha dato il meglio di sé all’orchestra. L’anno scorso aveva registrato con Hardenberger alla tromba, per la casa discografica scandinava Bis Records, gran parte della musica proposta nel nostro concerto. Per quanto riguarda il pianoforte, abbiamo assistito alla performance di Bertrand Chamayou, fra i migliori esecutori della musica d’avanguardia del Novecento. A testimoniarlo è il premio ricevuto da Echo Klassik per il disco ‘Complete Piano Works for Solo Piano’, interamente dedicato alle composizioni di Maurice Ravel.
La suite in tre parti di Florent Schmitt, per tromba e orchestra sinfonica, ha dato subito l’impronta d’avanguardia alla serata. Il timbro molto chiaro e l’articolazione della tromba ha dato verve al lavoro d’insieme. Nel terzo movimento, sopra un ritmo di sei ottavi eseguito dall’orchestra, lo strumento si è mosso con legature di valore cambiando l’accentuazione e creando un effetto strabiliante.
Con il primo concerto per pianoforte di Dmitri Shostakovic arriviamo al cuore della serata. L’inizio scritto con una scala molto veloce verso gli acuti introduce la prima frase melodica del pianoforte di grande suggestione e delicatezza. Chamayou è stato all’altezza della situazione, portandoci nell’atmosfera russa di metà secolo. Dopo questo esordio, continua l’orchestra con un abbraccio sonoro e colori caldi che ci accompagnano fino in fondo al brano. Il quarto movimento, ‘allegro con brio’, termina con un ritmo incalzante della tromba che, utilizzando solo le note dell’accordo di do maggiore, porta tutti metaforicamente in ‘adunata sul campo’. E a questo punto che si è verificato un problema meccanico allo strumento del maestro Hardenberger, che senza perdere la calma ha finito con grande energia il concerto. Il forte applauso ha lasciato intendere che il brano e l’interpretazione siano riusciti comunque. E la bravura di Chamayou al pianoforte ci ha deliziati in questa pagina tanto corroborante.
Dopo la pausa, il ‘concertino’ di André Jolivet ha riportato la tromba in primo piano. La facilità con cui Håkan Hardenberger ha suonato questo brano ha permesso all’orchestra di far risaltare le sue qualità. Il repertorio dei concerti francesi con la tromba solista non viene eseguito spesso proprio per la sua difficoltà ed è stato bello ritrovarlo qui nelle ‘Settimane’.
Ha chiuso il concerto la Sinfonietta di Francis Poulenc in quattro movimenti. Eseguita con brio nella sua pienezza sinfonica, che ha fatto degli ampi fraseggi un andamento maestoso portandoci al caloroso applauso finale. Così ha applaudito anche un giovanissimo studente di tromba di sette anni, seduto in prima fila, che ha ascoltato con grande attenzione. Ho visto nel suo sguardo tutto lo stupore di chi assiste per la prima volta a un concerto sinfonico e ciò mi fa ben sperare per gli apprendisti del futuro, che solo entrando nella fucina della musica possono ampliare i loro orizzonti con simili esempi di professionalità e arte.
Le Seetimane Musicali proseguono venerdì 22 settembre alle 19.30 nella Chiesa di San Francesco a Locarno con la Tonhalle-Orchester Zürich diretta dall’estone Paavo Järvi con il virtuoso di scuola finnica Olli Mustonen al pianoforte, al cospetto dalla ‘Seconda’ di Beethoven e, dello stesso autore, il Concerto per violino nella trascrizione per pianoforte e orchestra che arriva anch’essa dal genio di Bohn.
Sabato 23 settembre alle 11, nel Palazzo della Sopracenerina di Locarno per la Serie Giovani, il ticinese Trio Zeliha – nato dalla complicità artistica tra la violinista Manon Galy, il violoncellista Maxime Quennesson e il pianista Jorge Gonzalez Buajasan – si confronta con due tesori della letteratura da camera di Mendelssohn e Shostakovich.