Venezia80

E per finire, la memoria

Ha colpito ‘Hors-Saison’ di Stéphane Brizé, anche ‘Memory’ di Michel Franco e ‘Kobieta Z...’ di Szumowska/Englert sulla Polonia fintamente democratica

Stéphane Brizé
(Keystone)
8 settembre 2023
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Tre film in Concorso per concludere questa Mostra numero 80 che grazie allo sciopero degli sceneggiatori negli Usa ha mostrato nei film la sua faccia più civile e politica, rubando di fatto i soggetti al Festival di Berlino sinora ritenuto quello socialmente più impegnato, ma che la gestione di Carlo Chatrian ha trasformato in un ibrido, dovuto anche alle coesistenze con una condirettrice che ora si è dimessa, rendendo comunque più fragile la situazione del direttore, che lascia nel 2024. Ma sono storie altre che si raccontano la notte tra giornalisti di ogni Paese, ma soprattutto tedeschi, che proprio la notte scorsa hanno parlato di un nuovo possibile scippo a Locarno per sostituire Chatrian. Staremo a vedere.

Riavere, insieme, un presente

Intanto, dopo tanti clamori ha colpito, in Concorso, il delicato ‘Hors-Saison’ di uno Stéphane Brizé intimista dopo l’esperienza del Covid, come da lui stesso spiegato: «Avevo già realizzato diversi film che affrontavano i devastanti meccanismi finanziari delle multinazionali, quando è sopravvenuto il Covid. Quell’esperienza di isolamento ha obbligato tutti noi a “mettere in pausa” le attività. In quanto individui che esistono in gran parte attraverso la propria funzione sociale, probabilmente siamo stati tutti profondamente scossi dalla sconcertante precarietà dell’esistenza». Eccoci allora a confronto con Mathieu (un bravo Guillaume Canet), che vive a Parigi, è un attore cinematografico famoso, ha una bellissima moglie che presenta i tg nazionali e un figlio. Sta vivendo un periodo particolare della sua vita, dopo aver strombazzato il suo primo impegno teatrale ha lasciato in panne la compagnia per paura di fallire, si è quindi rifugiato in un una spa in un paesino sulla Manica, dove violente giocano onde e maree. Qui, casualmente, ritrova uno dei suoi primi amori importanti, Alice (una misurata Alba Rohrwacher) che vive sposata a un medico e con una figlia adolescente. L’incontro tra i due provoca una comune catarsi: non rivivono il passato ma tentano di riavere insieme un presente, troppo traumatico era stato il lasciarsi e ora c’è da riprovare un addio. Film di grande emozione, di silenzi che pesano più delle parole, un estenuante lento giocato da due anime che sanno di non poter guarire. Applausi meritati (uscendo, una delle giovani maschere ci ha confidato: “Peccato che oggi non si ballino più i lenti”).


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Michel Franco e Iazua Larios

Storia di Sylvia

Ancora amore e memoria si rilanciano in ‘Memory’ di Michel Franco, un film duro, intenso, capace di far riflettere sulla violenza della nostra società, sul senso ignoto della sessualità, una sessualità lasciata alla violenza sul corpo della donna continuamente violato anche dagli occhi di chi si nutre di pornografia. Qui troviamo Sylvia (una brava e intensa Jessica Chastain), un’assistente sociale per adulti handicappati che conduce una vita semplice e appartata, organizzata tra la figlia, il lavoro, le riunioni degli Alcolisti Anonimi. Non beve da 13 anni. Una sera, a una festa di vecchi scolari di liceo, viene seguita da un uomo che si ferma solo davanti a casa sua, aspettando anche sotto la pioggia. Lei capisce che è un uomo con problemi, scopre che ha una scheda con un numero telefonico, si chiama Saul (un sempre attento Peter Sarsgaard) e soffre di perdita di memoria. Incaricata di seguirlo durante il giorno e talvolta la sera, tra i due nasce un tenero amore, verso il quale la società si rivelerà contraria. Il film tocca problemi importanti, con sincero rispetto e buon linguaggio cinematografico.


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Franek Engler

Identità sessuale

Ancora un tema importante In ‘Kobieta Z...’. Firmato a quattro mani da Małgorzata Szumowska e Michał Englert, il film racconta la trasformazione della Polonia nel passaggio dal comunismo al nazicapitalismo attraverso 45 anni della vita di Aniela Wesoły, prima uomo e sposato poi alla ricerca del suo essere donna, un percorso alla ricerca della libertà come trans. Il film tocca problemi gravi nella Polonia di oggi fintamente democratica, mostra come il carcere sia ancora il destino di chi cerca una identità sessuale diversa dalla normalità imposta dal credo cattolico. Come spiegano la regista e il regista: “Il film è frutto di tanti anni di lavoro e infiniti incontri con persone transgender, persone di tutte le età che vivono in Polonia da molti anni, e che gentilmente si sono fidate di noi e hanno condiviso le loro storie. Aniela – che nel suo faticoso percorso verso la libertà ha vissuto come uomo per quasi metà della sua vita in una cittadina di provincia – ci è sembrata un simbolo, una metafora della transizione della Polonia, riflesso di una società che in passato si era unita per far crollare il regime comunista. E che ora…”. I film sono memoria di storie che si vorrebbero cancellare.

Fuori Concorso delude ‘Enzo Jannacci Vengo anch’io’ di Giorgio Verdelli, un film che invece di essere documentario sul grande musicista e poeta è l’ennesimo programma televisivo farcito di interviste ad altri, vecchi spezzoni, qualche canzone e… Jannacci in un cantone. Peccato.


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Paolo Jannacci (sx), Paolo Rossi e Giorgio Verdelli (dx)