La forza di ‘Stolen’ di Karan Tejpal, il ritiro delle truppe Usa dall'Afghanistan in ‘Hollywoodgate’ di Ibrahim Nash’at e i ‘Bastarden’ di Nikolaj Arcel
In molti si sono chiesti perché ‘Stolen’ dell’indiano Karan Tejpal fosse stato inserito nella sezione Orizzonti Extra, invece che in competizione. Infatti, la forza che emana questo film era degna della competizione. Il regista ci spiega l’origine del film: “In India ogni dieci minuti ‘scompare’ un bambino, e solo pochi fortunati vengono ritrovati. La mancanza di trasparenza da parte dello Stato, il senso di ingiustizia e la continua disinformazione diffusa attraverso i canali digitali hanno alimentato il giustizialismo, facendo sì che individui innocenti fossero ingiustamente accusati e addirittura puniti”. Poi ci coinvolge in un girone dantesco le cui tragiche emozioni ci travolgono.
Nelle prime immagini, in una stazione da no land, vediamo una persona rubare una bambina di pochi mesi dalla madre dormiente in attesa del treno. Lei, Jhumba (una intensa e bravissima Mia Maelzer) si sveglia subito e, disperata, si mette a cercare la piccola. Non è il disperato Rigoletto che cerca la sua Gilda, qui non c’è fin da subito melodramma, ma un realismo che avrebbe fatto spellare le mani a Vittorio De Sica. Improvviso si forma intorno a lei un drappello di uomini: è la società maschilista che il regista mostra subito; a essere coinvolti, o meglio a farsi coinvolgere, sono due fratelli: Raman Bansal (un bravo ma troppo teatrale Shubham), un fotografo, che si porta il dolore della moglie morta per cancro e che diventa il testimone involontario di questo brutale evento, e il suo fratello maggiore Gautam Bansal (un bravissimo Abhishek Banerjee), un uomo di città, viziato, benestante e poco propenso a pensare che esista al mondo qualcosa di più importante del suo io.
La polizia comincia le indagini, si porta nella campagna a cercare la bambina, ma improvvisa via radio arriva la notizia che Jhumba è ricercata per aver rapito una bambina. Lei nega, i tre scappano dalla polizia corrompendola, ma non sanno che la loro auto e i loro volti sono finiti nei social media e sono indicati come rapitori di bambini. E il film diventa un’incredibile caccia all’uomo, con motorini, biciclette a piedi, con qualsiasi arma. Internet li ha trasformati in mostri da far scomparire. Loro non capiscono finché si trovano all’inferno feriti e massacrati; l’unica a difendersi è una madre che cerca una figlia ed è accusata di averla rapita. Applausi meritatissimi per un film che racconta, insieme alla realtà di un paese, il peso spietato delle facili chat telefoniche, di come possono esaltare le persone e trasformale in bestie impietose. Un grido questo che ci riguarda tutti.
E tutti noi riguarda un documentario, Selezione Ufficiale, fuori Concorso, ‘Hollywoodgate’ di Ibrahim Nash’at, una testimonianza terrificante: miliardi di dollari di sofisticate armature lasciate dagli Stati Uniti in ritirata dall’Afghanistan nelle mani dei talebani. Quello che non si doveva dire, ma solo il giorno dopo il ritiro degli Stati Uniti, era che già i talebani si sono mossi immediatamente per occupare il complesso Hollywood Gate, che si presuppone essere un’ex base della Cia a Kabul. Come in una fornita e nota pasticceria abbandonata dai proprietari piena di gustosi dolci. E quelli recuperano aerei, elicotteri, armi, notizie, e si preparano ad attaccare i paesi vicini sorridendo grati agli Usa. Si resta stupefatti di fronte a tali regali fatti nella fretta di sbaraccare, ed è la seconda volta che gli Usa regalano armi ai talebani, era già successo per cacciare i governi sovietici dal territorio, e la cosa aveva portato all’abbattimento delle Torri Gemelle. E ora cosa succederà? Il film non lo dice, ma ce lo fa immaginare: mondo stai attento, ora i talebani hanno le armi per attaccare.
In concorso si è visto ‘Bastarden’ di Nikolaj Arcel. La sceneggiatura è dello stesso regista e di Anders Thomas Jensen, ed è tratta dal romanzo ‘Kaptajnen og Ann Barbara’ di Ida Jessen. ‘Bastarden’ è un film in costume ambientato nello Jutland nel 1755, anno in cui il capitano Ludvig Kahlen (un inespressivo Mads Mikkelsen) parte alla conquista delle aspre e desolate lande danesi con un obiettivo apparentemente impossibile: costruire una colonia in nome del Re. Il problema è che si trova di fronte un agguerrito nobile che pretende che quelle terre siano sue, e la lotta tra i due ha una sola conclusione possibile: che uno muoia. Il film riesce a interessare per la bella ricostruzione storica, peccato che il protagonista questa volta non sia all’altezza. Comunque, meritati applausi.
Keystone
Quelli di ‘Bastarden’