Intervista a Daniele Bernardi sul suo nuovo sceneggiato ‘Scene da un matrimonio con Dio. Vita in ombra di Vaslav Nijinsky’. Su Rete Due dal 10 luglio
Attore, regista e autore, Daniele Bernardi torna a collaborare con il settore prosa della Radiotelevisione svizzera proponendo agli ascoltatori e alle ascoltatrici un radiodramma dedicato al danzatore che un tempo fu la «stella dei Ballets Russes»: Vaslav Nijinsky. Lo sceneggiato, la cui produzione è a cura di Francesca Giorzi, conclude un percorso iniziato con la messa in scena di «Io sono Nijinsky», uno spettacolo teatrale liberamente tratto dall’autore dai celebri diari scritti dall’artista durante il suo soggiorno a Sankt Moritz. La ricerca di Daniele Bernardi propone un Vaslav Nijinsky ormai lontano dalle luci dei più grandi teatri internazionali, dopo che Sergej Djagilev, fondatore dei «Ballets», lo caccia a causa di una donna: Romola de Pulszky, un’aristocratica ungherese. I cambiamenti all’interno della sua sfera privata (in poco tempo si ritrova nel nuovo ruolo di marito e subito dopo in quello di padre) s’intrecciano con le tensioni internazionali che porteranno alla guerra e alla Rivoluzione russa. L’inverno tra il 1918-1919, di rifugio in Svizzera, Nijinsky viene raggiunto dalla notizia della tragica morte del fratello e questo sarà l’inizio del suo declino psicologico.
Daniele Bernardi, perché raccontare un danzatore attraverso un radiodramma?
Mi piaceva l’idea di raccontare qualcosa che ha a che fare con la danza, attraverso un mezzo che la danza non può mostrare. L’assenza della danza, l’impossibilità di vederla, fa sì che l’arte di Nijinsky, della quale abbiamo solo testimonianze messe per iscritto, possa essere immaginata. Ciò crea un’aurea di sogno che nessun’altra resa avrebbe potuto dare.
Come è articolata la struttura dello sceneggiato radiofonico ‘Scene da un matrimonio con Dio. Vita in ombra di Vaslav Nijinsky’?
Lo sceneggiato è strutturato su un doppio binario narrativo, riccamente sonorizzato dal lavoro di postproduzione con Yuri Ruspini. C’è una dimensione principale, che è quella del tempo presente: siamo a Londra, nel 1950, in un’ambulanza che sta portando Nijinsky in ospedale durante una crisi respiratoria. Da lì, per alcuni giorni, assistiamo alla sua agonia prima della morte. Durante questo tempo – che sull’arco delle dieci puntate è frammentato – la moglie Romola dialoga con un medico. Attraverso questo scambio appare una fitta serie di flashback che ci racconta, principalmente, la biografia dell’artista dal 1919 al 1950. Vale a dire dal suo soggiorno a Sankt Moritz in avanti.
Perché raccontare proprio del periodo a Sankt Moritz?
Romola e Nijinsky scelgono di rifugiarsi in Svizzera, un posto tranquillo, in attesa che la guerra finisca. Arrivano a Sankt Moritz a metà del 1917, durante grandi tensioni storiche: la guerra da una parte e la Rivoluzione bolscevica dall’altra. Ed è proprio qui che Nijinsky perde il senno, turbato dai racconti della guerra, da ciò che sta avvenendo nel suo Paese, e dalla notizia della morte di suo fratello Stanislav, più grande di un anno, malato di nervi fin dall’infanzia a causa di un incidente. Sulla scomparsa di questo fratello sono state fatte più ipotesi, ma quella a cui io faccio riferimento è la seguente: durante la Rivoluzione, la casa di cura in cui è ospite viene data alle fiamme e nessuno si cura di trarlo in salvo. Questa notizia, per Nijinsky, è la goccia che fa traboccare il vaso e nella sua mente avviene come un cortocircuito.
Questo cortocircuito come si ripercuote sulla sua vita familiare?
Tutta la comunità e la famiglia sono in subbuglio di fronte a suoi atteggiamenti, che sono quelli di una persona che è preda di uno scompenso psichico: non dorme, disegna compulsivamente, si allena fino a 16 ore al giorno, fa lunghissime passeggiate nella neve e torna dopo ore, parla da solo. Insomma, ha proprio perso il senno. Tuttavia, organizza presso il Suvretta House un ultimo spettacolo di danza, che chiama “il suo matrimonio con Dio” (da qui il titolo del radiodramma). Questo evento passerà alla storia come una delle prime performance di danza contemporanea. I biografi, quando ne parlano, lo paragonano a certi spettacoli di Pina Bausch, dove i danzatori rimanevano fermi in attesa davanti alla platea, oppure al butoh, un particolare tipo di danza nato in Giappone alla fine degli anni 50. Durante questo suo spettacolo assurdo, Nijinsky sta immobile per un tempo lunghissimo – la gente non sa cosa vuole fare – si divincola, prende a insulti la moglie e dichiara al pubblico: «adesso danzerò la guerra, la guerra di cui voi siete responsabili, la guerra che non avete impedito» (nel radiodramma questa scena è interamente ricostruita). Finito l’evento, che lascia tutti sconcertati, inizia a scrivere il suo celebre diario.
Gli argomenti affrontati sono diversi, ma qual è il tema dello sceneggiato?
Mi sono accorto che il vero tema portante – al di là dell’aspetto strettamente patologico – è che la pazzia di Nijinsky si fa specchio della pazzia del mondo. Questo è il nocciolo, per me. Non è un caso che tutto avvenga a un incrocio di tensioni storiche. In fondo, sarebbe meno interessante se Scene da un matrimonio con Dio fosse unicamente un lavoro biografico sulla follia. Allo stesso tempo si tratta di un’indagine sugli sviluppi della psicoanalisi e della psichiatria: infatti, spesso troviamo pareri puntuali sulla condizione di Nijinsky così come ipotesi e tentativi di cura al suo male (uno spazio particolare è riservato alla storia della Clinica Bellevue di Kreuzlingen, all’epoca dei fatti diretta da Ludwig Binswanger).
Ci sono delle analogie che creano dei ponti con il nostro presente?
La sensazione che ho è che ci troviamo, oggi, in un momento storico non molto diverso. È questa la risonanza col presente. La pazzia di questo innocente è lo specchio di un’epoca. Nijinsky era davvero una creatura candida, ingenua e geniale; era proprio l’idiota sapiente: incapace di provvedere a sé stesso, di far qualsiasi cosa sennonché danzare meravigliosamente, in modo assolutamente visionario. Guardo il mondo presente e mi sembra così simile a quello di cent’anni fa. Per questa ragione mi tocca profondamente il grido di questa persona che nelle pagine del suo diario fa continui appelli alla pace, denuncia problemi legati alla crisi ambientale, alla guerra permanente e alla nascente società dei consumi.
Come si sviluppa questo appello all’interno del radiodramma: c’è speranza o siamo destinati a replicare questo modello distruttivo nei prossimi cent’anni?
È un dovere di chi fa Arte dare delle speranze. Una volta non lo pensavo, ma oggi credo sia così. Certo, non so quali, visto che quella di Nijinsky è una storia veramente drammatica. Forse però, proprio perché avere a che fare con la pazzia e fermare le guerre sono imprese impossibili occorre non arrendersi. Potrebbe essere questo il messaggio di speranza nascosto nella storia.
L’originale radiofonico «Scene da un matrimonio con Dio. Vita in ombra di Vaslav Nijinsky», scritto e diretto da Daniele Bernardi, andrà in onda dal 10 al 21 luglio alle ore 20:00 su Rete Due e sarà poi disponibile online su Play – RSI e su www.rsi.ch/rete-due/radiodrammi.
Con Davide Garbolino nel ruolo di Vaslav Nijinsky, Margherita Coldesina in quello di sua moglie Romola. Tra i personaggi le voci di: Luca Maciacchini, Matteo Carassini, Cristina Zamboni, Aki Pitruzzella, Davida Mattei, Daniele Bernardi, Mario Cei, Tatiana Winteler, Monica Ceccardi, Massimiliano Zampetti, Jasmin Mattei, Igor Horvat, Woody Neri, Isabella Giampaolo, Antonio Ballerio, Francesco Orlando, Giorgio Ginex, Margherita Saltamacchia, Nicolas Joos, Claudio
Moneta, Moira Abertalli, Federico Caprara, Simon Waldvogel. Presa del suono, editing e sonorizzazione di Yuri Ruspini. Produzione a cura di Francesca Giorzi.