Dalla regia priva di emozioni di ‘Madame du Barry’ di Maïwenn ai convincenti ‘Kaibutsu’ di Kore-Eda Hirokazu e ‘Le Retour’ di Catherine Breillat
Tra polemiche e proteste, registe e attori contestati per quella che un tempo si chiamava cronaca rosa e che poi è diventata per colpa di denunce e avvocati una cronaca marroncina, si è aperto tra sfilate di stelle, stelline e stellati, il 76esimo Festival di Cannes in una Croisette sfavillante tra auto di lusso e vestiti alla moda.
Se sugli enormi manifesti che campeggiano all’entrata della sala Lumière e lungo i viali c’è il sempre magnifico volto di Catherine Deneuve, il primo schermo si è illuminato con l’atteso ‘Jeanne du Barry’ di Maïwenn, film fuori concorso che – non dimentichiamo siamo nella galante Francia – celebra una delle cortigiane più note, quella Jeanne du Barry del titolo, nata Marie-Jeanne Bécu (Vaucouleurs, 19 agosto 1743 - Parigi, 8 dicembre 1793).
Ultima favorita di Luigi XV di Francia, il cinema aveva già celebrato la figura storica in una ventina di film, addirittura con Theda Bara (la prima vamp nel ruolo della Du Barry), senza dimenticare il bel film di Ernst Lubitsch ‘Madame du Barry’ del 1919 (con Pola Negri) e, con lo stesso titolo, il film del 1934 diretto da William Dieterle con Dolores del Rio. Più recentemente, nel 2006, in ‘Maria Antonietta’ di Sofia Coppola c’era Asia Argento nei panni dell’amante del re, un ruolo che spiega Maïwenn l'ha ispirata a dirigere il suo progetto sulla cortigiana.
Diciamo subito che Maïwenn (il cui nome è Maïwenn Le Besco) oltre che regista recita anche nel sensuale ruolo della protagonista e con lei nei panni del regale amante troviamo il reietto Johnny Depp, al ritorno sullo schermo dopo un travagliato periodo dipeso da un drammatico divorzio. Certo il ruolo di un re libertino non è l’ideale per placare gli animi di accese femministe, ma non è questo il suo problema: la sua interpretazione di Luigi XV è scialba e non è solo colpa delle poche battute che gli sono state assegnate nella sceneggiatura firmata dalla regista con Teddy Lussi-Modeste e Nicolas Livecchi, evidentemente preoccupati della sua poca dimestichezza con il francese. D’altra parte Depp paga il peso che il suo Louis e Jeanne non sono del tutto credibili come storia d'amore e nulla fanno per riuscirci. Certo le scene di Angelo Zamparutti, i costumi di Jürgen Doering e le location (prima di tutto la splendida reggia di Versailles) sono ben usati, ma restano vuoti simulacri, nelle mani di una regia blanda, incapace di emozioni. E questo nonostante la raffinata fotografia di Laurent Dailland e le seducenti musiche di Stephen Warbeck.
In Concorso si è visto ‘Kaibutsu’ di Kore-Eda Hirokazu (titolo internazionale ‘Monster’) un film sui bambini e sugli adulti che contornano, segnando la loro vita, una storia sul crescente bisogno affettivo e sentimentale che rompe inutili tabù sessuali. È un film sulla scuola e il suo essere posta al margine della società con l’unico scopo di essere valvola di sfogo per alienati genitori. Un film malinconico e utile, dove tutto è visto attraverso un imponente prisma multi-prospettico in stile Rashomon.
Tutto inizia con un fuoco: è una casa di appuntamenti quella che brucia e il preadolescente Minato (il bravo Soya Kurokawa) guarda dal balcone della sua casa insieme alla madre vedova. Tra chi fugge dalle fiamme, al ragazzino pare di vedere il suo maestro che lo ha picchiato. Confiderà poi alla madre: “Il mio cervello è stato scambiato con quello di un maiale”, e basta questo a costringere lo spettatore ad affondare nel film. Il dramma è completato da una delicata partitura di pianoforte e occasionali fiati atonali del compianto Ryuichi Sakamoto, a cui è dedicato il film.
Convince anche il secondo film in Concorso ‘Le Retour’ della veterana di Cannes Catherine Breillat, un film che dopo prove non del tutto convincenti riporta la regista francese ai suoi primi film, sempre dedicati ad affari intimi sostenuti da un cast forte – e qui inatteso – guidato com’è da due straordinari talenti emergenti: Suzy Bemba (‘Drift’) ed Esther Gohourou (‘Cuties’), raccolte sotto la superba ala maestra di Aïssatou Diallo Sagna (che ha già vinto un César per ‘La fracture’ di Catherine Corsini).
Il film di Breillat ci porta a conoscere la vita di una madre e delle sue figlie, segnate tutte dalla morte del marito e padre. Dopo anni, ritornano in Corsica per il lavoro della madre e lì, le giovani, vivono la loro prima stagione d’amore e affrontano il primo scoglio di essere libere e più sole. Merito della Signora Breillat è quello di aver fatto vivere la terra corsa come immanente all’intero esistere di umane e misteriose, come tutte, storie.
Ed è proprio l’umanità che esplode in questo primo Concorso: ecco il giovedì di ‘Indiana Jones and the Dial of Destiny”, atteso!, no attesissimo!, no di più! Gente in fila alle sette di sera per la proiezione di venerdì mattina, che dire il mito continua.