Vince il documento prezioso di Nicolas Philibert, testimonianza dello slancio verso il cinema d’autore espresso dalla giuria guidata da Kristen Stewart
Con la consegna degli Orsi, la Berlinale sigilla questi lunghi giorni di cinema in una Berlino oggi imbiancata. La giuria guidata da Kristen Stewart ha segnato un punto verso il cinema d’autore premiando con l’Orso d’oro 2023 ‘Sur l’Adamant’, il prezioso film di Nicolas Philibert che ha veramente colpito pubblico e critica per la sua rigorosa semplicità nel mostrare un mondo dei malati di mente accolti dalla società e cullati dalla Senna, visto che sulle sue acque è poggiato quel barcone che si chiama, appunto, ‘Adamant’. Quello di Philibert non è un documentario, ma una storia raccontata alla maniera del documentario, proprio per la decisa partecipazione dell’autore alla sua umana opera. ‘Sur l’Adamant’ non era il favorito della vigilia, la maggior parte delle voci puntava sull’Orso a ‘Bai Ta Zhi Guang’ (La torre senza ombra) di Zhang Lu, ma, evidentemente, su questo bel film cinese hanno pesato altre considerazioni poco cinematografiche, visto che alla fine non ha preso nessun premio.
Sofia Otero, 8 anni, Orso d’argento alla Miglior interpretazione
Meritato l’Orso d’argento-Gran Premio della Giuria a ‘Roter Himmel’ del regista di casa Christian Petzold, un film su un cuore duro, un uomo capace di vedere solo se stesso fino a restarne vittima. Si può dire strameritato l’Orso d’argento per la miglior regia a Philippe Garrel per il suo malinconico e vitale ‘Le grand chariot’ dedicato al mondo dei burattinai, la sua è la sincera visione di un mondo in cui le tradizioni stanno morendo (film coprodotto da Joëlle Bertossa, con fotografia firmata dal ticinese Renato Berta). Non convince l’Orso d’argento per la Migliore interpretazione principale, Berlino ha da tempo deciso di non dare un premio alla miglior attrice o al miglior attore per rispettare le tendenze sessuali; comunque, il premio è andato a Sofia Otero per ‘20’000 especies de abejas’ di Estibaliz Urresola Solaguren, solo che Sofia è una bambina di otto anni, il premio doveva essere dato alla sua regista, la persona che l’ha guidata. Troppo spesso le giurie confondono, soprattutto con bambine e bambini, tra qualità e simpatia. Sofia è monotona nella sua parte, non ha sfumature, non recita. È simpatica. Ma se pensiamo al lavoro strutturato e complesso di tante attrici e attori qui visti, è per loro un premio doloroso: ai nostri occhi lo avrebbero meritato di più l’intensità di Franz Rogowski in ‘Disco Boy’ o quella di Simon Baker in ‘Limbo’ o ancora di Jesse Eisenberg in ‘Monodrome’, per non dire di una lei straordinaria come Mwajemi Hussein nel magico ‘The Survival of Kindness’ di Rolf de Heer. Ma Sofia Otero li ha sepolti.
Keystone
João Canijo, Orso d’argento per ‘Mal Viver’ (Bad Living)
C’è anche un Orso d’argento per la migliore interpretazione non protagonista che è andato a Thea Ehre per il brutto ‘Bis ans Ende der Nacht’ di Christoph Hochhäusler. Thea è un’attrice/attore e attivista trans che nel film fa se stessa/o, senza qualità. Evidentemente, la Giuria con questi due premi all’interpretazione ha voluto premiare il naif che esiste ancora nel cinema. L’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura è andato ad Angela Schanelec per il suo ‘Music’, che non ci aveva convinto proprio per la frammentarietà del suo dire, ma la musica era bella. Meritato l’Orso d’argento per l’eccezionale contributo artistico a Hélène Louvart per la fotografia di ‘Disco Boy’ di Giacomo Abbruzzese, un film degno di essere ricordato dalla Giuria. E ora tutti in attesa della Berlinale 2024, la 74esima.