‘Il cambiamento culturale è in atto’. Aspettative, previsioni e ‘patriottismi’ (nessuno) del direttore artistico delle Giornate del cinema, al via ieri
Duecentoventi titoli, un ciclo di discussioni, workshop, masterclass, incontri con i professionisti del settore. Prima di ‘This Kind of Hope’ del regista svizzero-polacco Pawel Siczek – e aspettando l’assegnazione del Prix de Soleure, 60mila franchi, il 25 gennaio a manifestazione conclusa – è arrivata l’ufficialità della 58esima edizione delle Giornate del cinema di Soletta, la prima co-diretta dal ticinese Niccolò Castelli (direttore artistico) e Monica Rosenberg (direttrice amministrativa), inaugurata ieri.
L’ufficialità è Alain Berset bloccato dalla meteo a Davos, ma sorridente in videoconferenza. In sua vece ha parlato Carine Bachmann, in nome e per conto dell’Ufficio federale della Cultura. E lo ha fatto riferendosi proprio al film di Siczek, un ritratto dell’ex diplomatico bielorusso Andreï Sannikov dimessosi per protesta dalla carica di viceministro degli esteri: erano gli anni 90, Sannikov pagò l’aver ripudiato Alexander Lukashenko con la prigione prima e con l’esilio in Polonia poi. È da quella terra che oggi porta avanti la sua lotta per i diritti umani. "La democrazia non è mai acquisita", ha detto Bachmann. Sulla stessa linea, Thomas Geiser, presidente della kermesse, in rappresentanza di un evento nel quale viene difesa "non soltanto la libertà artistica, ma anche i diversi modi di esprimersi e posizionarsi". Monica Rosemberg ha ricordato lo scopo di Soletta, "difendere con passione il cinema come spazio pubblico", e Castelli – già e sempre a capo della Ticino Film Commission – lo scopo del cinema, che da evasione dalla realtà è diventato "apertura alle storie", quelle che le proiezioni mostrano.
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Andreï Sannikov, ex diplomatico bielorusso
"Abbiamo tanti ospiti, e c’è molto spazio per le discussioni. Mi rallegro di quanto potrà accadere nei prossimi giorni". Prime parole di Niccolò Castelli, questa volta alla Regione, prima che tutto avesse inizio. Le altre, seguono...
Niccolò Castelli: che festival è, che festival sarà?
Difficile dirlo alla prima edizione. Quel che posso dire è che l’ottimo andamento della prevendita indica una forte volontà da parte del pubblico del cinema di tornare, finalmente, a un festival a pieno regime, dopo due anni tra chiusure e riduzioni drastiche per normative Covid, e nulla di parallelamente organizzabile. Abbiamo messo a budget l’idea di arrivare a una frequentazione che possa attestarsi sul 75% rispetto all’anno record, il 2020. La sensazione è assai buona, ma è sin troppo presto trarre conclusioni.
L’età dei registi di questa edizione va dai 25 ai 40 anni, decisamente giovane: scelta precisa? Voluta?
Non parlerei proprio di scelta. Parlerei piuttosto dell’esistenza di una nuova generazione di registe e registi che vogliono esprimersi, e un’altra generazione di autrici e autori che vogliono dire la loro all’interno della società attraverso film forti. Ce ne siamo resi conto e ciò che stiamo cercando di fare è mettere in relazione la generazione precedente di cineasti con quella odierna. Quest’anno ci sono molte opere prime, molti film coraggiosi che vogliono trattare temi che ci toccano da vicino, come il cambiamento climatico, la guerra, affrontata nelle modalità più differenti, e le questioni legate al genere. Si tratta di tematiche interessanti, è un cinema che in varie forme – dal corto al lungometraggio, dall’innovazione al cinema di genere – vuole giocare un ruolo importante. Credo dunque che questo sarà un anno di dialogo tra la nuova e le vecchia generazione.
Trovo anche interessante il fatto che molti giovani autori rispecchiano la Svizzera con una identità più convinta rispetto al passato: se un tempo il cinema svizzero era un’isola che indagava il mondo producendo bellissimi film e documentari, ma sempre dal punto di vista dell’isola sulla quale il nostro cinema si trovava, oggi molte autrici e molti autori sono nati in Svizzera ma hanno radici nei Balcani, in Italia, in Germania, in Portogallo. C’è, in questo senso, una fetta più ampia di mondo dentro i loro film, specchio di un forte cambiamento culturale in atto.
Il suo di direttore artistico è il punto di vista di un regista e non di un critico cinematografico, per citare una fra le molte specializzazioni di altre figure come la sua: quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa ‘condizione’?
Ci sono molti festival che hanno avuto o hanno come direttori artistici dei registi. Sicuramente, lo svantaggio è che sono conscio di cosa stia dietro a un film; conosco le difficoltà, i lunghi tempi di lavorazione, e per questo non mi si può chiedere lo stesso sguardo critico esterno ‘brutale’ di altri miei omologhi. Allo stesso tempo, conosco il linguaggio cinematografico, e del cinema posso apprezzare altri aspetti. Posso anche parlarne in un altro modo. Quello che fa molto bene il festival di Soletta, e che già faceva bene in passato, è trovare le chiavi per tradurre il cinema e il ‘fare cinema’, per portarli più vicini allo spettatore. All’interno dei nostri spazi di discussione, non a caso abbiamo proprio una sezione chiamata ‘Fare cinema’, che vuole costruire un ponte tra chi il cinema lo fa e che ne fruisce.
Una parola per i film ticinesi: come ha gestito il potenziale ‘conflitto d’interesse’, o il ‘patriottismo’, che dir si voglia?
Dormo molto bene la notte, anche perché so che abbiamo detto di no ad alcuni film ticinesi. Per la commissione di selezione di Soletta che ha lavorato con me è stato interessante studiare il mio sguardo da ticinese che parla e valuta film svizzero-tedeschi, anche se leggo e mangio in italiano. Quanto al Ticino, ciò che trovo interessante è constatare quanti giovani ticinesi abbiano studiato o stiano studiando in Svizzera francese e tedesca, quanto interessanti siano il loro film o cortometraggi, così belli da fare ben sperare per il futuro. E i loro lavori non sempre hanno a che fare con la Ticino Film Commission, anzi, spesso sono girati da tutt’altra parte, nel resto della Svizzera. Mi ha fatto molto piacere scoprire questi nuovi talenti che, spero verranno a girare in Ticino.
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Con Monica Rosemberg, direttrice amministrativa