Quando c’è il doppio cognome è lo chansonnier, che sabato 29 ottobre porta al Teatro Sociale l’ultimo album ‘Fiori d’ombra’
Singoli, singole canzoni. La discografia odierna vi si identifica, per rapidità di consumo. Li vuole il mercato odierno ma li ha voluti anche la pandemia. «Inevitabile che qualcosa arrivi da lì», ci dice Marco Santilli Rossi nel presentare ‘Fiori d’ombra’, nuovo album che raccoglie le ultime sue uscite ‘in solitaria’ e, insieme, tre inediti. «Quando tutto si è fermato non avevamo molta scelta, concerti non ce n’erano, però la musica la si poteva pubblicare». E ‘Fiori d’ombra’ è l’occasione per riascoltare le più o meno pandemiche ‘Essere o umano’, ‘All’ombra dei vigneti’, la shakespeariana ‘Love All, Trust a Few, Do Wrong to None’, per esempio. Ma pure ‘Enfleurage’, ispirata da ‘Il profumo’ di Patrick Süskind, cosa che tira al prog («Lo prendo sempre come un complimento, nella moderna esiguità di soluzioni armoniche e melodiche»), o ‘Luce di lei’ risuonata da capo a piedi, ora meno ‘romanticona’ e più ‘elettronicona’.
Il Santilli col doppio cognome – se leggi anche Rossi allora sono canzoni, se leggi solo Santilli allora è strumentale, è altrove – presenta quanto sopra e altro ancora al Teatro Sociale sabato 29 ottobre alle 20.45. In programma ci sono anche estratti da ‘Tempi passati’, l’album d’esordio da chansonnier. E visto che l’abbiamo messa sul francese, di questo ‘Fiori d’ombra’ si fa cantare, più e più volte, la bella ‘Salima’, uno degli inediti, in lingua francese. Partiamo da qui per ingannare l’attesa che porta al concerto. «‘Salima’ è stata scritta a quattro mani con Giordano Muto, una collaborazione che ci unisce sin dai tempi di ‘Belli in zona’ (2007, album di rivisitazioni folk e brani inediti, ndr). Lui aveva uno sprazzo melodico e di testo che amavo molto, l’ho unito a spunti miei. Si parla di due persone dalla lingua diversa, che si amano ma che stanno dalle parti opposte di due nazioni in guerra».
Nell’ineluttabilità del concetto, sancito da un gran bel solo marsalisiano al clarinetto (si dirà così, per dire di Branford?), il lirico auspicio "il cielo non ha frontiere": «È un invito a guardare al di là dell’aspetto meramente terreno, sperando che sia più facile ricongiungersi».
In ‘Solo a decantare, altro inedito, il sempre ironico/autoironico Santilli Rossi si/ci regala uno spaccato d’attualità: «Hai presente le persone che le incontri, chiedi ‘come stai?’ e loro non te lo chiedono mai? Quelle che parlano solo di sé? Ne ho incontrata un’altra, pochi giorni fa. Comincio a pensare che sono io a non essere interessante…». "Allargando la mia vita", si canta in ‘Solo a decantare’, «verbo che si usa per il vino, lo trovo pertinente per descrivere la volontà di lasciarsi andare, senza immaginarsi nulla», un invito all’allargamento molto napoletano: «‘Gli uomini, anziché studiare come allargare la vita, studiano come allungarla’. Credo che la frase fosse questa. È di Luciano De Crescenzo, un ottimo consiglio».
L’eclettico Santilli Rossi – voce, chitarra, composizioni, testi e arrangiamenti – arriva a Bellinzona con Monika Hagmann, chitarra e cori: «Seria, precisa, vive la scena rock e heavy metal, le cose cattivelle sono il suo pane»; con Simone Menozzi, piano/tastiere e cori: «Ticinese, diplomato in pianoforte, con lui condivido ‘Stralüsh’, progetto elettronico di cui è anima»; con Urs Bringolf, batteria e percussioni: «Da tempo cercavo qualcuno così musicalmente aperto e differenziato». Special guest, dall’Orchestra della Svizzera italiana, Zora Slokar al corno francese: «Il corno è strumento versatile, dalla grande estensione, a volte va a doppiare la chitarra distorta nell’ottava sotto, in generale completa la mia ‘fame’ di arrangiamento. Il corno è raro in ambientazioni pop, e Zora è disponibile a provare, una qualità».
Trattandosi di pop, fa specie anche non trovare un basso elettrico: «Mi ritengo un ‘bastardo’, a livello musicale – chiude il Nostro – e un po’ me ne frego. Il pianista suona il basso con la mano sinistra, anche meglio di tanti bassisti, così ho scelto lui. In fondo, nemmeno i Doors avevano il bassista. Però avrò il corno, il primo corno dell’Osi: vuoi mettere?».