San Silvestro con l’electro-swing ‘The Twenties are roaring again’, salto indietro (e avanti) nel tempo che celebra un’epoca d’oro. L’autore racconta...
Di decennio in decennio. Dal buio dei Trenta allo stordimento dei Quaranta, oltre i Cinquanta e i Sessanta tra conflitti e politica fino ai tumultuosi Settanta; poi gli Ottanta dell’azzardo, i Novanta dei computer games, gli Zero e Dieci “mainly virtual fame”, tutti chiacchiere e distintivo. Quanta nostalgia dei Venti, “il tempo migliore per ballare, vivere e amare”, gli anni del charleston e tutto il resto.
Ieri, su queste pagine, era Nostradamus a parlare. Oggi, a poche ore dal 2022, è Marco Santilli Rossi, che non mostra alcuna pretesa di preveggenza ma ha semplicemente realizzato un personale riassunto di epoche e col clarinetto al posto della De Lorean ci porta nei meravigliosi Anni Venti con un electro-swing che sa di antico e di moderno. Perché gli anni cantati in ‘The Twenties are roaring again’ (detto in svizzero-italiano, ‘I Venti ruggiscono ancora’) si estendono anche al futuro. Basta aggiungere un Duemila davanti e aggiungerci della fantascienza. Citando qua e là: i Trenta in cui si estenderà il dibattito ambientalista, i Quaranta della scoperta della forza sovrumana, i Cinquanta in cui le foreste puliranno l’aria, gli Ottanta in cui la cassa malati sarà gratis per dodici mesi, ma soprattutto il 2070, la decade che sancirà i musicisti come la categoria più pagata in assoluto al mondo.
Il divertissement diverte, al netto della rigorosità con la quale il musicista, che quando ha il doppio cognome canta, sempre approccia ogni fase della sua vita artistica. Il team di lavoro che ha portato a ‘The Twenties are roaring again’ – negli stores digitali da oggi – ha i medesimi punti cardine, gente come Urs Wiesendanger a produrre, per esempio, ma anche estratti dalla olandese Metropole Orkest (ensemble già nei dischi di Joe Jackson e dal vivo con Al Jarreau) e altri compagni di viaggio (nel tempo).
Marco Santilli Rossi, dal new prog di ‘Love all, trust a few, do wrong to none’, tributo a William Shakespeare, all’electro swing: quali altri generi
ci attendono?
Non saprei. Come per i brani natalizi di due anni fa, mi sono concesso un divertissement, rifacendomi di nuovo a un genere da me praticato in passato (impara l’arte…). Se allora mi cimentai con la Big Band, stavolta ho fatto ancora un passo indietro nel tempo, con tanto di Dixieland nel finale. Pur omaggiando un’epoca musicale, credo comunque di avere inevitabilmente conferito un tocco molto personale a musica e testi.
In nome del reality show, o della tv verità: qualche gustoso dettaglio tecnico sulla registrazione del brano?
Ci eravamo accorti, io e Urs Wiesendanger, che mancava un non so che a livello ritmico. Abbiamo quindi reperito un’asse per lavare i panni (washboard) di seconda mano e sudicia di polvere originale degli anni 20, io a tenerla ferma e lui a suonarla coi ditali, come un tempo. Emozionante poi avere nel ritornello finale, laddove regna un’atmosfera di festa casalinga, una ventina di amici, dagli stonati alla soprano lirica, che hanno registrato sul cellulare la loro parte. Io ho invece aggiunto tanti clarinetti, sfruttandone i vari registri, raggiunti nel finale da Cees Trappenburg (tromba) e da Martijn Sohier (trombone) della Metropole Orchestra. Il tutto condito con qualche effettino elettronico, per tornare un po’ ai giorni nostri.
Miriam Dee dà piena certificazione alla ricreazione sonora di un’epoca: come nasce la collaborazione?
Volevo un coro femminile a tre voci stile Boswell Sisters, che cominciarono negli anni 20 e in seguito influenzarono le più celebri Andrew Sisters, e il Trio Lescano in Italia. Urs conosce Miriam, che tra l’altro è cresciuta tra le mura dei Powerplay Studios, in quanto suo padre ne fu l’ideatore. Viste le frasi ritmicamente serrate, era indispensabile avere una cantante di lingua madre, senti chi parla (ride, ndr). Miriam ha proprio dato quel tocco in più.
In quale delle epoche citate, passate e future, ti saresti sentito a tuo agio?
Senza dubbio gli anni 60 a Londra, quindi non “Roaring Twenties”, bensì “Swinging Sixties”. E non solo per la musica pop/rock, che in quegli anni ha vissuto incredibili mutamenti come forse mai più.
E quei lontani Anni Venti?
Usciti da una guerra, Stati Uniti ed Europa vivevano un periodo di prosperità economica, dinamismo sociale, artistico e culturale, che si percepisce nella musica spensierata e sfrenata del jazz e del Charleston. Fu allora la nascita ‘ufficiale’ del jazz, grazie pure al primo film sonoro ‘The Jazz Singer’ (1927) e all’affermarsi della sua prima grande figura popolare: Louis Armstrong. Sentivo la necessità di fare rivivere una certa positività con spensierata leggerezza, persino con delle previsioni fantasiose per il futuro. Spero sia di buon auspicio per gli attuali anni 20 e il prosieguo.
Un ultimo cenno al 2070, quando – è sottinteso nel testo – i musicisti saranno meglio pagati dei calciatori e dei finanzieri...
Ovviamente non mi riferisco ai soliti noti al grande pubblico, ma a quei musicisti creativi di nicchia (e ne conosco tanti), che senza compromessi stilistici portano avanti la propria (e sottolineo ‘propria’) musica rimanendo autentici a ogni costo. È una cosa alla quale però io stesso stento a credere, per questo l’ho ‘prevista’ in un periodo nel quale sicuramente sarò altrove… (www.marcosantillirossi.com).