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Anahì Traversi racconta ‘Amor fugge restando’

Il nuovo capitolo del Collettivo Treppenwitz debutta venerdì 30 settembre al Lac, con l’attrice che diventa autrice e regista

Anche al Südpol di Lucerna a fine maggio

Cosa succede quando ci si rispecchia nell’altro, quando giocando nell’incontro si cerca di dare nuovo volto e destino all’amore? Queste alcune delle riflessioni alla base dello spettacolo ‘Amor fugge restando’ (di Anahì Traversi per il Collettivo Treppenwitz) in scena venerdì prossimo al Lac. Principale motore delle relazioni umane, l’amore è al centro di una riflessione composita che caratterizza le produzioni del Collettivo, produzioni già apprezzate da critica e pubblico per la cura e qualità nella realizzazione di questo discorso di ricerca coerente portato avanti a più voci.

‘Amor fugge restando’ è nuova tappa del lavoro, questa volta a opera di Anahì Traversi, che da attrice passa qui al ruolo di autrice e regista. L’abbiamo raggiunta per farci raccontare la sua opera.

«È stato un po’ più difficile, questa volta sono io che creo. Ho lavorato in maniera totalmente diversa dal solito: sono uscita dalla mia comfort zone, e con Simon (Waldvogel, altro membro del collettivo in scena con la Traversi, ndr) ci siamo concentrati sull’improvvisazione». Costruire uno spettacolo è certamente altra cosa che mettere in scena un testo già scritto: «A volte vengo assalita da dubbi, ripensamenti. Ma rimane la voglia di fare qualcosa di totalmente lontano da me. Il lavoro di assimilazione è stato lungo, ci sono stati tanti processi da affrontare. Ma ora – ci racconta con quel misto di entusiasmo e timore che assale l’autore poco prima della rappresentazione – siamo arrivati, ci sono le luci, le scene, e il tutto ha preso una forma».

La supervisione della dramaturg Francesca Garolla è stata fondamentale per armonizzare dall’esterno l’insieme di quadri e la scrittura: «È uno spettacolo frammentario, proposto attraverso tanti linguaggi diversi – continua Anahì –, inizia senza parole, con molte immagini, lavoriamo su qualcosa di più evocativo che testuale. Ma ci sono anche le parti scritte insieme a Simon, ognuno rispettando la propria dimensione».

Cosa muove Amor fugge restando? Cosa racconta la pièce? «Sull’onda degli spettacoli precedenti, ‘L’amore ist nicht une chose for everybody’ (Loving Kills) di Waldvogel e ‘Kiss!’ di Camilla Parini (qui assistente alla regia, ndr), continua la riflessione sull’amore con l’eterogeneità drammaturgica che ci contraddistingue». Ma c’è di più, qui si definisce sé stessi di fronte all’altro. Una riflessione quindi sull’incontro, sulla coppia, sulla proiezione: «Siamo partiti dal gioco, in una dimensione nostalgica, infantile, potenziale. Ispirata dalle Metamorfosi di Ovidio che poi sono presenti ma trasfigurate. Ho cercato di ricreare un mondo di fantasia dove assistiamo alla trasformazione dell’altro. Il gioco dà la possibilità di cambiare, di scoprire le infinite possibilità che ci sono di stare insieme ma soprattutto di vedere nell’altro la possibilità di una trasformazione comune. Il gioco è la radice del teatro, da qui nasce la vita, succedono cose».

Amore quindi inteso come condivisione di un immaginario comune che forse si trasforma forse no. Ma lungi dal voler essere una riflessione filosofica sotto forma di trattato, pur attingendo da diversi testi, ‘Amor fugge restando’ non dimentica l’ironia, e si costruisce anche grazie alle esperienze personali degli attori. Oltre a loro, citiamo le scenografie di Marianna Peruzzo, le luci di Marzio Picchetti, e il sound design di Alberto Barberis.

Ricordiamo poi che dopo la Prima al Lac del 30 settembre e la replica del giorno dopo, lo spettacolo sarà al Südpol di Lucerna a fine maggio. Una tappa importante soprattutto nell’ottica della volontà delle compagnie ticinesi di ottenere riconoscenza nazionale e varcare i confini linguistici e culturali che, purtroppo, spesso costringono gli spettacoli alla dimensione locale.