Venezia 79

Corrono i film cercando un leone, ma la Laguna piange

Gli applausi meritati a ‘Bentu’ di Salvatore Mereu, una grande lezione di cinema. L’occasione persa di ‘Blonde’, con Marilyn che resta in superficie.

Ana de Armas (qui non bionda) è Marylin in ‘Blonde’
(Keystone)

Ci sono momenti nella follia di questo festival incapace di celebrare un film, in cui ci si accontenta in competizione di pellicole come ‘Blonde’, tratto dal romanzo di successo di Joyce Carol Oates e, senza ragione, cammino che ripercorre la vita di una delle icone intramontabili di Hollywood, Marilyn Monroe. Dalla sua infanzia precaria in cui si riconosceva come Norma Jeane, fino alla sua ascesa alla fama e agli intrecci sentimentali, e i blowjob con John Fitzgerald Kennedy. ‘Blonde’ confonde i confini tra realtà e finzione per esplorare la crescente divisione tra il suo io pubblico e quello privato. Il fatto è che questo film, come la vita di ognuno, ci ribatte in faccia una storia dell’essere perché nessuno è perfetto, nessuno può maschilmente pensare a Marilyn Monroe senza sentirsi colpevole di un corpo trasformato in carne, di cui ognuno può approfittare.

Il film non riesce a coinvolgere, resta nella superficie, quella di un personaggio femminile costretto per tre volte all’aborto; ha paura di andare oltre, di costruire futuri senza vendetta, quando proprio la vendetta è la parola per riconoscere un futuro. Spiega il regista: "È possibile vedere il mondo al di fuori dei nostri traumi, al di fuori delle nostre paure e desideri? E se si incarna un oggetto del desiderio, quello che il mondo vede è il tuo vero io o una proiezione dei propri bisogni?". Certo, Marilyn Monroe una volta disse: "Quando si è famosi, ci si imbatte sempre nell’inconscio delle persone". Ma il film non riesce a dare a questa donna il peso di essere donna, e resta un film inutile e superficiale. Un film che trasforma una donna in un oggetto che non era, un film che si ferma senza andare a fondo di una incredibile sapienza attoriale: come si può parlare della Monroe senza i suoi film ma soprattutto senza neppure citare ‘The Misfits’, il suo estremo capolavoro, il film dove tutto poteva essere dimenticato, anche i tre aborti, anche l’orfanotrofio, anche il tirar giù le mutande ai signori di Hollywood. Certo tanto, troppo. Ne aveva il film da raccontare, ma è restato in una inutile superficie, che nulla rende a Norma Jeane attrice impossibilitata a essere madre, donna violata perché è carne, carne di ogni donna.

Virzì superificiale

In Concorso anche ‘Shab, Dakheli, Divar’ (Oltre Il Muro) di Vahid Jalilvand, un film di grande impegno linguistico e cinematografico, un film in cui sogno e realtà si mescolano in un gioco di responsabilità politica e sociale, in una denuncia totale a un mondo corrotto e senza futuro in cui ancora esiste la condanna senza prove, dove il mondo intellettuale scompare di fronte a una società venduta al nulla futuribile. Fuori concorso è passato il ridicolo ‘Siccità’ firmato da Paolo Virzì, un film imbarazzante proprio perché non è un film ma una piccola idea incapace di essere narrativa, ferma com’è a una cinematografia di altra ben forte forza narrativa che era quella di un ‘Dov’è la libertà...?’ del 1954, diretto da Roberto Rossellini con Totò, un film amaro che qui si ferma sulla macchietta televisiva e si diverte a compiacere un pubblico senza personalità culturale. Un pubblico che, inutilmente, percorre un cammino politico rinunciando a esserne protagonista. Certo, Virzì non è Rossellini e Silvio Orlando non è Totò, e questo è il beffardo dire di un cinema superficiale incapace di un ricordo culturale.

Qualità e modernità di Mereu

Non convince pienamente neppure ‘Dreamin’ Wild’ di Bill Pohlad, fuori concorso. Un film che è un sogno d’infanzia che si avvera all’improvviso, ma trent’anni più tardi. Un film che mescola documentario e fiction per dire della bellezza di chi sa comporre musica e di chi regala la sua vita perché quel sogno si avveri. Nell’opera c’è il coraggio di essere famiglia, il senso di essere fratelli, la bellezza di abbracciarsi nonostante tutto. Applausi meritati come quelli a ‘Bentu’ di Salvatore Mereu, sicuramente uno dei migliori film visti alla Mostra per la qualità e modernità sconvolgente del linguaggio, un film che regala profonde emozioni diventando grande lezione di cinema.