Nel weekend si sono visti ‘The Whale’, ‘Les enfants des autres’ e ‘L’uomo più felice del mondo’, film che danno valore a questa Mostra
Sabato notte, in una sala non gremita, si è vista una delle pellicole che danno valore a questa Mostra: "The Whale" di Darren Aronofsky, film incredibilmente bello. Cinema allo stato puro, con un ricco linguaggio capace di rendere vivo, senza mai rischiare di cadere nel teatrale, lo stretto interno di un appartamento. Aronofsky guida magistralmente un gruppo di attori veri, non divi celebrati, ma interpreti da applaudire.
Il sessantaduenne regista di Brooklyn torna a Venezia per la sesta volta (aveva vinto nel 2008 con "The Wrestler") portando al Lido un’amara commedia di Samuel D. Hunter. Il protagonista è Charlie (un incredibile Brendan Fraser), un uomo di mezza età che pesa 272 kg, fatica a muoversi e sa di dover morire per le sue condizioni cardiologiche entro una settimana. Si trova in queste condizioni fisiche dopo il suicidio del suo amante gay per il quale aveva lasciato moglie e figlia. Una morte che lo ha portato ad abbuffarsi a causa del dolore e del senso di colpa. Charlie si mantiene dando lezioni di scrittura in una università online. Sapendo di avere i giorni contati, scopre di poter riallacciare i rapporti con Ellie (la brava Sadie Sink), la figlia diciassettenne da cui si era allontanato proprio perché innamorato di un uomo. Per garantire un futuro alla ragazza, Charlie ha messo da parte un piccolo tesoro, ma lei gli rimprovera con rabbia la sua fuga e l’assenza. Ad aiutare Charlie c’è l’amica Liz (un’intensa Hong Chau), sorella dell’amante suicida. In questo piccolo mondo interviene, insieme a un simpatico pizzaiolo, un missionario dei santi degli ultimi giorni che vuole convincere Charlie a redimersi per conquistare i cieli. È grazie a questo che Charlie scopre perché il suo compagno si era suicidato, incapace di vivere nell’impuro rapporto tradendo la sua fede in Dio. I giorni passano in fretta insieme alle emozioni che il film offre e infine scopriamo che quella balena raccontata in Moby Dick da Melville è proprio lui. Un film da applausi che racconta insieme alla vita il peccato di viverla senza amarla veramente.
Ancora grande cinema ci ha offerto, sempre in concorso, un delicato e coinvolgente film francese: "Les enfants des autres" di Rebecca Zlotowski. Protagonista è Rachel (una splendida Virginie Efira), quarant’anni, senza figli e divorziata. La sua vita sono gli studenti del liceo in cui insegna, gli amici, il suo ex. E lezioni di chitarra, durante le quali incontra Ali (un, come sempre, affidabile Roschdy Zem), coetaneo che ha un bel lavoro, pure divorziato e con una figlia di quattro anni che condivide con la moglie. Si mettono insieme e coinvolgono la bambina nel loro amarsi. Rachel scopre di non avere quasi più tempo biologico per avere figli e per questo dedica il suo cuore anche alla bambina, ma proprio per la figlia Ali ritorna con la moglie. Lasciando Rachel nella sua solitudine di insegnante, che vive per dare ai suoi allievi quello che non ha potuto dare come madre. Ben diretto, fotografato e musicato, il film sa emozionare per la purezza dei sentimenti esposti. Anche qui applausi e qualche lacrima non solo femminile.
Un altro ritratto toccante e vivo di donna lo abbiamo trovato, a Orizzonti, in "NajsreЌniot čovek na svetot / Najsretniji čovjek" (L’uomo più felice del mondo) di Teona Strugar Mitevska. Lei è Asja (una fantastica Jelena Kordić Kuret), single di quarant’anni che vive a Sarajevo. Un sabato decide di partecipare a un evento di speed dating, durante il quale viene abbinata a Zoran (un bravo e intenso Adnan Omerović), banchiere di quarantatré anni. Tra i due subito diffidenti nasce della simpatia, ma casualmente un’ombra invalicabile copre il loro destino: lei scopre che lui apparteneva alle truppe che sparavano su Sarajevo e che addirittura lui era quello che, quando lei aveva sedici anni, le aveva sparato condannandola a un lungo periodo di coma. Il dramma esplode inarrestabile, come la rabbia di lei verso quell’uomo. Una rabbia che coinvolge tutti i presenti in un delirio di ferite aperte e di dolori del passato, incancellati e forse incancellabili. Grande Cinema che canta insieme alla Storia il destino di noi povera umanità.