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La traviata del Lac, fuori dal postribolo

Due anni dopo l’opera annullata a causa della pandemia, presentato un nuovo allestimento opera di Carmelo Rifici. Con Markus Poschner a dirigere l’Osi

29 marzo 2022
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Sarà ‘La traviata’ di Giuseppe Verdi ad aprire, a settembre, la stagione 2022-23 del Lac di Lugano. E la memoria, presa la cartella stampa e trovato posto nella sala della conferenza stampa di presentazione, va a un’altra Traviata, quella annunciata nel dicembre del 2019 e che avrebbe dovuto chiudere la stagione 2019-20, riportando al Lac l’opera dopo la fortunata esperienza del ‘Barbiere di Siviglia’. Sono passati meno di due anni dal mancato debutto di questa coproduzione con Macerata, ma l’esperienza della pandemia ha dilatato i tempi, ha – parole di Carmelo Rifici, direttore artistico del Lac – «cambiato la nostra visione sul mondo e ha cambiato anche la vocazione del Lac». Così, se nel 2020 aveva un senso guardare alla celebre ‘Traviata degli specchi’, allestimento di Brockhaus e Svoboda che negli anni Novanta era subito diventato un punto di riferimento, oggi è il caso di pensare a "una nostra Traviata", come l’hanno definita i due registi di questa produzione, il direttore principale dell’Orchestra della Svizzera italiana Markus Poschner e Carmelo Rifici.

Ma prima di parlare della parte artistica – per la quale abbiamo qualche bozzetto di scene e costumi e la visione di Rifici –, restiamo ancora un attimo sull’aspetto produttivo: l’opera, è stato sottolineato dal vicesindaco di Lugano Roberto Badaracco e dal direttore generale del Lac Michel Gagnon, deve essere presente nell’offerta del centro culturale ma, al contempo, rappresenta uno sforzo finanziario e organizzativo notevole. Questa ‘Traviata’ è una produzione tutta ticinese, con il Lac che si unisce all’Orchestra della Svizzera italiana in collaborazione con Lugano Musica; indispensabile, per ‘La traviata’, l’aiuto di mecenati e sponsor mentre per progetti futuri, ha sottolineato Rifici, si sta guardando a coproduzioni con altri teatri anche per permettere a questi lavori di girare oltre i confini ticinesi.

Dagli specchi alle ombre

Veniamo adesso a questa "nostra Traviata" che di nuovo è utile paragonare a quella "degli specchi" che non abbiamo mai visto al Lac: una storia di denaro, di potere, di sesso e Henning Brockhaus aveva sottolineato la "forte componente erotica", perché alla fine parliamo della "storia di una donna prostituta, cosa che nell’opera lirica spesso si tenta di nascondere". Rifici non sembra intenzionato a nascondere questo aspetto: Viviana è una cortigiana, una meretrice, una donna che pratica il mestiere più antico del mondo e via proseguendo con sinonimi ed eufemismi che denunciano una certa ossessione per l’idea di sesso a pagamento. Tuttavia la Viviana di Rifici è molto altro.

Ricordiamo brevemente la trama: Violetta, cortigiana protetta del barone Douphol, incontra Alfredo Germont; i due si innamorano ma la loro unione viene ostacolata prima dal padre di Alfredo e successivamente dalla malattia che la condurrà alla morte. Ebbene, nella lettura di Rifici questa è «una grande storia d’amore, è la storia di una povera sventurata che vive un grande sogno di emancipazione, un grande sogno di possibilità». Violetta non è, o almeno non è soltanto, la donna che afferma la propria libertà ("Sempre libera degg’io folleggiare di gioia in gioia", canterà in una celebre aria) ma una donna che «dona sé stessa per amore ed è sulle tracce dell’amore, di questa utopia dell’amore, di questa idea metafisica dell’amore che abbiamo deciso di fare la nostra ‘Traviata’». E qui Rifici cita un altro momento dell’opera: il secondo atto, quando Violetta e Alfredo vivono insieme in campagna, quasi una fiaba idilliaca che tuttavia, scopriamo subito, si realizza solo perché lei sta svendendo tutto ciò che ha; e poi ancora, quando il padre di Alfredo le chiede il grande sacrificio di lasciare l’amato perché, se lui sta con una prostituta, la sorella non potrà mai trovare marito «e lei per amore della purezza decide di sacrificare sé stessa, il suo amore, la sua vita, il suo denaro, la sua salute in modo che una ragazza che neanche conosce possa convolare a nozze». Nell’opera di Verdi, ha proseguito Rifici, «c’è una forte malinconia, una nostalgia che in alcune versioni si è sentita in maniera più evidente che in altre».

Come si traduce tutto questo in scena? In conferenza stampa si sono visti alcuni bozzetti delle scene di Guido Buganza e dei costumi di Margherita Baldoni, già nella squadra artistica del ‘Barbiere di Siviglia’: siamo, ha indicato Rifici, «in un Ottocento sognato, leggero, privo di quel pesante realismo postribolare che spesso si è visto in scena». Al suo posto abbiamo un Ottocento «sognante, evanescente» e per questo gli specchi che nell’allestimento di Brockhaus e Svoboda riflettevano la scena sono stati sostituiti dalle ombre realizzate da Fabrizio Montecchi e Nicoletta Garioni di Teatro Gioco Vita, compagnia di Piacenza con cinquant’anni di attività nel teatro di figura.

Per la parte musicale, Markus Poschner si è mostrato entusiasta all’idea di avere «finalmente una nostra Traviata» (in italiano, il resto del suo intervento è stato in inglese): il progetto di due anni fa di riprendere l’allestimento di Brockhaus e Svoboda era "quite a good idea" ma la prospettiva di lavorare a qualcosa di originale è entusiasmante. «‘Travita’ è uno dei pezzi centrali della musica dell’Ottocento e questo luogo per me è il luogo migliore per realizzare ‘La traviata’ e anche l’orchestra è la migliore e abbiamo anche il cast migliore che era possibile avere: sarà una dimostrazione di quello che è possibile fare a Lugano, di come possiamo proporre la nostra visione di questo fantastico repertorio». E già che si è accennato al cast: insieme all’Orchestra della Svizzera italiana e al Coro della Rsi avremo la soprano greca Myrtò Papatanasiu, che nel ruolo di Violetta aveva debuttato nel 2007 all’Opera di Roma, poi il tenore Airam Hernández nel ruolo di Alfredo Germont e il baritono Giovanni Meoni in quello del padre Giorgio; completano il cast Sofya Tumanyan (Flora Bervoix), Michela Petrino (Annina), Lorenzo Izzo (Gastone visconte di Létorières), Davide Fersini (il barone Douphol) e Laurence Meikle (il marchese d’Obigny).