Spettacoli

Jim Morrison al Sociale ‘Come un cane senza osso’

L’omaggio di Flavio Stroppini e Andrea Manzoni al Re Lucertola è arrivato in teatro

20 marzo 2022
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Il tendaggio viola in fondo al palcoscenico svolazza al lieve vento. Vien voglia di risentire per l’ennesima volta ‘Riders on the Storm’, proprio il brano dei Doors in cui la coppia Flavio Stroppini-Andrea Manzoni ha trovato il verso (Like a dog without a bone) che dà il titolo alla loro performance "Come un cane senza osso". Gli autori scelgono però una strada diversa: nessuna cover, bensì un flusso di coscienza affidato all’intenso Riccardo Ruggeri, il quale – nei panni del Re Lucertola – si immette virtualmente in quella vasca da bagno dove Jim Morrison fu rinvenuto esanime quel maledetto 3 luglio 1971. Già trasmesso da Rete 2 giusto 50 anni dopo la morte di un’icona non solo dell’universo rockettaro, la loro opera drammatico-musicale è approdata al Teatro Sociale di Bellinzona, dove lo stesso Stroppini si è riservato il ruolo di "rumorista".

Un flusso di coscienza che inizia in modo crudele (sebbene tutti sappiamo bene come sia andata a finire): Jim ci sta lasciando per entrare in quel macabro "Club dei 27" che già comprendeva il sommo Jimi Hendrix e l’inimitabile Janis Joplin (poi sarebbe arrivato anche Kurt Cobain dei Nirvana). Forse, suggeriscono gli autori, era già tutto scritto nel destino. I suoi genitori – papà Stephen, severo ammiraglio della Marina Usa e mamma Clara – si incontrarono infatti in uno dei paradisi terrestri, quelle Hawaii che tuttavia nel 1941 (leggi Pearl Harbour) non dovevano apparire proprio come un eden. Poeta maledetto che scelse il nome della sua band dall’opera di Aldous Huxley "Le porte della percezione", dove si riporta un pensiero di William Blake (1757-1827!): "Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è: infinito". Jim condivideva un’altra idea di Blake e cioè che l’umanità possa superare i limiti a lei posti dai cinque sensi. Infatti, mentre le poche note di Manzoni al piano riecheggiano qualcosa che sta tra Ray Manzarek (tastierista e cofondatore dei Doors) e Keith Jarrett, Ruggeri urla "ancora più in là, ancora più in là!", strapazzando la chitarra come non avrebbe mai fatto il solare Robby Krieger (ricordate il suo assolo in ‘Light my fire’?).

Lo spettacolo insiste molto sul disagio esistenziale di Morrison, persosi poi tra sciamani immaginari, alcool e droga. C’è un fil rouge – urlato più volte da Jim/Ruggeri – che ben riassume il dramma e i fatali eccessi del frontman capace di insidiare Sua Maestà Mick Jagger: "Mr. Mojo Risin". È l’anagramma di Jim Morrison, ripetuto più volte al termine del brano ‘L.A. Woman’ nell’ultimo LP inciso dai Doors, e che indica spudoratamente l’organo sessuale maschile (Got to keep on risin, deve sempre alzarsi…). Uno dei tanti eccessi, stavolta verbale, cui Jim Morrison non seppe purtroppo rinunciare.