Teniamoci stretto Pippo Pollina: alla Rsi in forma smagliante, felice di poter riallacciare il contatto diretto con il pubblico
"Sono un siciliano d’Italia e un italiano d’Europa", così si definisce Pippo Pollina. Si potrebbe pure chiamarlo "novello eroe dei Due Mondi" – quello italiano, naturalmente, e quello tedescofono: appena pubblicato, il suo nuovo album (Canzoni segrete) è infatti balzato ai primi posti nelle hit parade di Svizzera, Italia, Germania, Austria e Liechtenstein. Canzoni come cortometraggi, spiega, scritte durante le varie ondate della pandemia, che gli hanno permesso di "snocciolare quanto abbiamo vissuto, senza patemi". I vari lockdown non l’hanno certo messo a terra, non ha perso di vista quelle ‘Cento chimere’ che danno il titolo alla sua autobiografia (Mondadori, 2018). Anzi: ha colto il momento buono per pubblicare finalmente – o meglio endlich, come direbbe Pippo il poliglotta – il suo omaggio a Léo Ferrer ("Un grande filosofo prestato alla musica"), brano abbozzato con George Moustaki nel lontano 1994 e ora inciso con Célia, figlia del grande Serge Reggiani, un italiano prestato alla musica francese.
A trent’anni e passa dal suo esordio (‘Aspettando che sia mattino’, 1987), dopo aver felicemente rincorso quel successo che sembrava allora davvero una chimera, dopo i trionfi all’Arena di Verona e le collaborazioni con nomi importanti quali Van Morrison, Tracy Chapman, il conterraneo Battiato, Nada e tra gli altri Giorgio Conte, Pippo ha svelato le sue canzoni segrete al pubblico del gremitissimo Studio 2 della Rsi in uno showcase condotto come sempre in modo brillante da Gianluca Verga. Accompagnato dal ‘Palermo acoustic quintet’ (Gianvito di Maio alle tastiere, Fabrizio Giambanco alle percussioni, Mario Rivera basso e contrabbasso, Edoardo Musumeci alla chitarra e uno strepitoso Roberto Petroli virtuoso di clarinetto e sax), Pippo è apparso in forma smagliante, felice di poter riallacciare il contatto diretto con il pubblico. Musicalmente ha ribadito un personalissimo stile che, se proprio vogliamo definirlo, spazia da Paolo Conte agli chansonnier d’antan, riservandosi però delle "svisate" (come direbbe De Gregori) in blues e rock.
Riguardo ai testi, Pippo conferma la sua passione per poetiche sinestesie: "Voglio incidere queste ombre sul vinile", "La sua voce riempie le stanze di coriandoli". Non mancano né una condivisibilissima nostalgia per il passato ("Anni 70: la fame era tanta, ma la musica era vera, VERA!"), né il tocco ironico: "Non ho letto i giornali. Ma non per pigrizia o paura. Semplicemente, non ho letto i giornali perché ho smarrito gli occhiali!". Umilmente ("Altri scriveranno versi migliori") conferma il suo impegno civile: dopo il ricordo/omaggio a Victor Jara – cantautore cileno vittima dei macellai cileni – annuncia che prima dei suoi prossimi concerti organizzerà degli incontri con ospiti di rilievo chiamati a chinarsi sul problema "rapporto Stato/mafia" a trent’anni dalle stragi che purtroppo tutti ricordiamo (applausi scroscianti dalla platea a lui, ma pure a Falcone e Borsellino).
Teniamocelo stretto questo menestrello international, capace di parlare di Atlantide quale "città misteriosa da raggiungere con un treno che non avrà mai fretta".