Spettacoli

Raccontare l’osceno senza mostrarlo

L’edizione 2022 del festival della radio e del podcast SonOhr premia ‘Rosa, il caso Vercesi’, ancora una volta un’opera della Svizzera italiana

Rosa (Anahì Traversi)
(Nadir Vassena)
28 febbraio 2022
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A Vittoria piaceva il sesso violento sotto effetto di stupefacenti e, per giunta, amava farlo con altre donne. Siamo nell’Italia machista e patriarcale del Fascismo dove alla donna è richiesto di generare e crescere prole in abbondanza per il futuro dell’impero. In un tale contesto, la passione di Vittoria non potrà che risultare fatale. Vittoria morirà infatti per mano di Rosa, la sua amante che, per vergogna e ossequio alle norme sociali, invece di confessare il delitto di natura passionale, punito all’epoca meno severamente, preferirà beccarsi un ergastolo per l’aggravante del futile motivo. L’Italia fascista non ammetteva scandali, né tantomeno l’amore saffico. Rosa lo sapeva benissimo e preferì quindi scontare una pena infinita.

A riesumare questa storia, anni dopo, ci ha pensato lo scrittore Guido Ceronetti, autore scomodo e anticonformista, e più recentemente, nella Svizzera italiana, il regista Fabrizio Rosso, che ha portato a teatro la storia di Rosa e Vittoria liberamente ispirata proprio a Ceronetti. Lo spettacolo è stato poi adattato per la radio da Anahì Traversi, che ha anche vestito i panni della protagonista, ed è stato trasmesso da Retedue, un contesto in cui il radiodramma di lingua italiana vive ancora. ‘Rosa, il caso Vercesi’ si è meritato il premio della giuria della Fondazione per la radio e la cultura al festival SonOhr di Berna. A convincere i giurati, è stata in particolare la musica di Nadir Vassena che è riuscito a ricreare le atmosfere da incubo, le immagini distorte della coscienza, i fantasmi di una passione tossica e proibita. L’osceno è stato trattato con rispetto e non dato in pasto alla nostra curiosità morbosa. In questo senso il mezzo radiofonico, che mette in scena senza mai mostrare, è stato di grande aiuto.

La Svizzera italiana raccoglie quindi un altro premio nell’ambito di SonOhr, dopo la vittoria dello scorso anno di ‘Strani giorni’, il podcast di Olmo Cerri, che ha raccolto le voci straordinariamente vive dei reclusi di tutto il mondo durante la prima ondata di Covid-19. E questi sono soltanto due dei premi nazionali e internazionali che gli autori svizzeri di lingua italiana hanno vinto in questi ultimi anni.

Il senso della fine

Il programma di quest’anno era composto da 18 titoli nelle diverse lingue nazionali. Alcune delle opere presentate trattavano il tema della morte o della caducità della vita. Questi due anni di pandemia si sono fatti sentire anche nell’ambito della produzione culturale. In ‘Going to Switzerland’, Stefanie Müller-Frank ha seguito una coppia tedesca nel suo viaggio basilese per compiere il suicidio assistito. L’opera documenta gli ultimi minuti della loro esistenza e s’interessa anche alle emozioni della figlia, costretta ad accettare la scelta radicale dei due genitori. In ‘Nah am Tod’, Federico La Scalia ha raccontato invece la storia di chi, per lavoro, accompagna le persone che scelgono la morte volontaria. In tutti e due i casi, il medium radiofonico si è rivelato poco invadente ma assai efficace per raccontare un tema che ancora oggi ci appare scabroso.

A vincere il Premio della giuria del Sindacato svizzero dei mass media, è l’opera intitolata ‘Vieille Peau’ di Charlotte Dumartheray. In questo documentario radiofonico, la giovane autrice francofona si interroga sul concetto di vecchiaia con placida leggerezza. A ‘Sidi 1910 – ein Lokal historisches Hörspiel’ è andato invece il premio del pubblico. Questa fiction radiofonica racconta la gloriosa storia industriale della città di Winterthur e, nel contempo, mette in scena quattro storie di vita operaia al femminile, quelle di Marta, Louise, Hanni, Nelly e Annie, che grazie anche al lavoro raggiungeranno una presa di coscienza dal sapore femminista.