Cinema

‘Vicini’, col piccolo Sero alle radici dell’odio

Il bel film di Mano Khalil è nelle sale ticinesi. Sabato al Lux una proiezione alla presenza del regista curdo-svizzero

Sero (Serhed Khalil) con l’insegnante (Jalal Altawil)
24 febbraio 2022
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Tra i giochi preferiti del piccolo Sero (Serhed Khalil) c’è quello di andare con lo zio Aram (Asmail Zagros) a liberare palloncini in cielo, stuzzicando i soldati che presidiano la frontiera turco-siriana. Palloncini coi colori della bandiera curda. Sero ha 6 anni, è caricato a molla di voglia di vivere e ha un sogno: guardare i cartoni animati alla tv "come i bambini in città". Ma la famiglia non ha un televisore e in questo villaggio a maggioranza curda dei primi anni ottanta manca la corrente elettrica, malgrado le promesse di Damasco.

Con il confine a dettare i tempi – "Per quanto ancora ci sarà?", chiede Sero al nonno Hamo (Zirek), ed è la sola occasione in cui l’anziano non gli risponde mai – il piccolo curdo si gode gli innocenti giochi d’infanzia (tipo esplodere ordigni inesplosi), l’affetto dei suoi cari e quello dell’unica famiglia ebrea rimasta in loco: a capo vi è il commerciante Nahum (Jay Abdo), con la moglie Rosa (Tuna Dwek) e la figlia Hannah (la brava Derya Uygurlar), tutti e tre privati di qualsiasi documento d’identità o di viaggio come imposto, in quanto ebrei siriani, dal governo baathista di Assad, prigionieri in una terra che, in fondo, è terra di nessuno.

C’è un’altra cosa che nel villaggio si attende ed è l’arrivo del nuovo maestro. Quando il momento arriva, l’insegnante (Jalal Altawil) si presenta così: "Sono venuto in questo luogo arretrato per liberarvi dalle tenebre", e poi un rassicurante "amo i bambini". Strenuo sostenitore di Assad, portatore di un colorito e turpe messaggio antisemita che ha come esercizio lo sgozzamento di pupazzi di paglia, l’uomo impone agli alunni la lingua araba, la sola consentita in classe. Sin dal primo giorno di scuola, il maestro è l’inatteso cambio di programma nella vita del piccolo protagonista, più tardi confrontato a prove ancor più impegnative di una frustata sulle mani per quella lingua incomprensibile, o dal non capire perché mai i suoi vicini ebrei dovrebbero volergli del male fino a fare di lui un ingrediente per dolci fatti in casa.

‘Come agnellini in fila, con la mano destra tesa’

Recitano così i titoli di testa: "Questa è la storia della nostra famiglia e dei nostri vicini. È la storia di quando avevo sei anni". Nel 2021 a Soletta e Locarno, ma anche premio ‘Utopia’ nell’ultima edizione di Castellinaria, ‘Vicini’ (‘Nachbarn’) dello svizzero-curdo Mano Khalil (Prix de Soleure 2013 per ‘The Beekeeper’) è pressoché un’autobiografia. E se dunque Sero è Mano, Nahum è stato nella realtà Jakob. "Jakob aveva soluzioni per tutti e per tutto. Solo per se stesso non riusciva a trovare una ricetta semplice per lasciare la Siria", dice il regista in alcune toccanti note di regia. "Ogni mattina stavamo nel cortile della scuola come ‘agnellini’ in fila, con la mano destra tesa – racconta – e dovevamo rispondere a un alunno urlante che stava di fronte a noi gridando slogan. Solo molto più tardi ho capito di cosa si trattava questo ‘grido mattutino’. Non ero felice che ogni mattina giurassi di sacrificare la mia anima e il mio sangue per un dittatore".

In programmazione all’Otello di Ascona, al Forum di Bellinzona, al Lux di Massagno e alla Multisala di Mendrisio, ‘Vicini’ non è un film storico, né il racconto di un’epoca, bensì un lungo flashback che nasce dall’affollamento di un campo profughi del Kurdistan, dove tutto comincia e tutto finisce. ‘Vicini’ è uno sguardo a tratti satirico sulle radici dell’odio, ma anche una splendida storia di messaggi dentro la bottiglia che, è noto, non prevedono ricevute di ritorno e si può solo sperare che arrivino a destinazione.

Di queste due ore che l’ironia e la poesia rendono lievi in mezzo all’assurdità umana, con ampi sprazzi di mutuo e disinteressato soccorso, qualcosa in più potrà dire Mano Khalil a Massagno sabato sera, atteso al Lux per una proiezione in sua presenza. Qualcosa in più di altre toccanti note di regia, ivi riportate: "Oggi, quarant’anni dopo, non ci sono più ebrei in Siria. La situazione politica in altre zone del Medio Oriente è devastante. Se nelle nostre scuole si fosse insegnato più rispetto – per se stessi, per il prossimo e i suoi valori, la sua fede e i suoi principi – oggi ci sarebbe più libertà, amicizia, amore e soprattutto pace".

Che cosa funziona: la satira sull’indottrinamento, la corrente che non arriva mai, la gigantografia del dittatore, il talento del piccolo curdo alla sua prima prova attoriale

Perché guardarlo: per la resa d’insieme di attori esiliati, rifugiati, fuggiti alle persecuzioni; per l’infanzia che nei film guarda in faccia l’odio e, complice il regista, lo rende finanche commestibile

Cosa non funziona: non pervenuto

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